È il primo fronte dell’emergenza sanitaria italiana. Al reparto infettivo dell’ospedale Sacco di Milano i laboratori lavorano da tre giorni a ciclo continuo, senza pause.
Le ore non bastano
Migliaia di analisi di laboratorio su tamponi eseguiti su pazienti a rischio o sospetti e un costante lavoro di monitoraggio sulle persone ricoverate in isolamento per capire come il virus reagisce ai farmaci e alle prime terapie. Al Sacco hanno dimenticato che cosa sia il riposo. Con una dedizione e un’abnegazione che va al di là del senso di responsabilità per il proprio lavoro, medici paramedici e biologi dell’ospedale hanno deciso di restare in trincea.
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Si resta in corsia
Pochissimi quelli che sono tornati a casa. Un po’ perché forse la prima paura è quella di contagiare i propri cari e poi perché in questo momento l’ospedale ha bisogno. Del coronavirus si sa ancora relativamente poco se non che sfugge alle previsioni e che non c’è ancora una cura. Se i primi bollettini parlavano di sette giorni di osservazione e quattordici di quarantena, oggi questi limiti sono più che raddoppiati. Ci sono casi in cui persone contagiate hanno visto conclamare la malattia dopo più di venti giorni di incubazione…
“La verità è che sembra quasi che non ci sia un caso uguale all’altro – dice uno dei biologi dell’ospedale Sacco raggiunto telefonicamente – e non si può davvero abbassare la guardia. La stanchezza è tanta, siamo sottoposti a ritmi di lavoro massacranti che non ci vengono imposti da nessuno. Se uno decide di fare questo mestiere è in casi come questo che deve dare tutto e fare la differenza”.
Si lavora con ansia
La situazione è preoccupante anche per loro: perché in una situazione di forte stress psicofisico sono costretti a lavorare con materiale altamente infettivo e pericoloso. Basta una distrazione per ritrovarsi compromessi. Al Sacco non si dorme e non si mangia: “Un paio d’ore di sonno sulla poltrona e si torna ad analisi e laboratorio, stiamo lavorando tutti così da giorni e sarà così fino a quando l’emergenza non finirà”.
Centinaia di campioni da analizzare
I campioni che sono arrivati dal Lodigiano da elaborare immediatamente sono stati centinaia solo nella giornata di sabato. Ieri erano quasi raddoppiati. I ricoveri sono stati rapidi e uno successivo all’altro. Il padiglione è off limits: nessun accesso dall’esterno. I parenti dei pazienti non possono entrare.
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Virologi contro…
Intanto c’è un vivace dibattito anche tra colleghi: Rita Gismondo, direttrice del laboratorio del Sacco, negli ultimi giorni ha pubblicato alcuni post su Facebook mostrando le immagini dei laboratori e parlando di pizze divise in quattro dopo dodici ore di digiuno, di decine di caffè, di intere giornate di ventiquattro ore senza riposo e di centinaia di campioni da analizzare. “Si è scambiata un virus che è poco più di un’influenza per una pandemia letale… questa cosa farà molto male: ma dal punto di vista economico” scrive la dottoressa. Parole che hanno scatenato molta discussione e la reazione del virologo Burioni che ha pubblicato tweet e pareri molto critici sulla collega scatenando un’altra ondata social di pro e contro.
Comunicate al medico che dice “la mortalità è bassa, il 2-3%” che questa è stata la mortalità dell’influenza spagnola che ha fatto molte decine di milioni di morti. Fonte:CDC pic.twitter.com/zoPyQTcznh
— Roberto Burioni (@RobertoBurioni) January 24, 2020