“Ora il rischio è che i contagi da coronavirus si diffondano nelle grandi città: uno scenario di questo tipo segnerebbe l’inizio della fase epidemica vera e propria, che richiede misure mirate”.
Lo rileva all’ANSA Pier Luigi Lopalco, professore di Igiene all’Università di Pisa,
sottolineando che in tale eventualità si passerebbe da una fase di “contenimento” dell’emergenza ad una di “mitigazione”. Dunque, avverte, “è fondamentale prepararsi e non perdere tempo, a partire dagli ospedali, che devono essere pronti a sostenere una richiesta improvvisa e massiccia disponendo di attrezzature, personale e di un’organizzazione efficiente per identificare subito i casi più gravi da quelli meno gravi che potrebbero essere trattati a domicilio”. Nell’ipotesi di un aumento di casi, tuttavia, “isolare le grandi città – spiega – non avrebbe senso: se si identificassero contagi massicci in una metropoli, presumibilmente tali soggetti avrebbero già infettato molte persone, molte delle quali si sono magari già spostate fuori da quei centri. Isolare ha senso solo se è ancora possibile bloccare la diffusione del virus in quel perimetro”.
Lopalco attacca la disinformazione, l’eco di Burioni
Lopalco su Twitter era andato stamattina all’attacco dei “virologi da bar” che “disquisivano su letalità e mortalità”, riferendosi evidentemente alle notizie che davano i casi della Cina in calo e sulla possibilità che queste fossero indice di un contenimento del virus.
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Anche il virologo Roberto Burioni ha parlato del caso di Codogno tornando a ripetere che “chi torna dalla Cina deve stare in quarantena. Senza eccezioni. Spero che i politici lo capiscono perché le conseguenze di un errore sarebbero irreparabili”. E poi aggiunge sulla casistica e l’incubazione del virus: “Tutto torna: infezione primo febbraio, malattia 8 febbraio, peggioramento 15 febbraio, adesso rianimazione”.