É presto per dire di avere una cura, ma l’incredibile lavoro che si sta facendo nei laboratori di Brisbane fa ben sperare: arrivano nuovi aiuti economici per trovare un vaccino.
Se da una parte il coronavirus è sotto la lente d’ingrandimento dei laboratori di mezzo mondo per capire come si diffonde e come si trasforma, e quali possono essere le sue evoluzioni da un paese all’altro, la grande sfida è cercare di individuare un vaccino che passa debellare la malattia su un piano globale.
Non è un mistero che la grande preoccupazione degli scienziati e dei dirigenti dell’organizzazione mondiale della sanità sia la possibilità che il vaccino arrivi nei paesi più deboli. In modo particolare in Africa e in Sudamerica. Se davvero il coronavirus arrivasse in questi ambiti sarebbero necessari investimenti giganteschi. Il costo anche in termini di vite umane rischierebbe di diventare davvero drammatico.
Di qui i consistenti investimenti che stanno arrivando all’università da aziende farmacologiche e private ma anche da organizzazioni sanitarie mondiale stanno puntando tutto sulla ricerca. In questo senso ci sono riscontri positivi che arrivano dall’Australia. È stato infatti sperimentato uno dei vaccini candidati che ottenuto i ottimi risultati dopo la prima sperimentazione sugli animali.
La facoltà ha messo in campo un team di primordine che ha subito ottenuto ottimi risultati. Ma il lavoro non è ancora finito: “Dobbiamo effettuare ancora numerosi test per garantire che il vaccino sia sicuro e che crei un’efficace risposta immunitaria, ma la tecnologia e la dedizione dei ricercatori vogliono testimoniare che il primo ostacolo è stato superato”, ha detto Peter Høj, presidente dell’ateneo australiano e membro governativo dello Stato del Queensland.
La Cepi (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, una delle organizzazioni internazionali che si occupa dello sviluppo dei vaccini) aveva chiesto aiuto all’Università del Queensland non appena il coronavirus si era manifestato con i propri contagi. Terminata con efficacia la fase di laboratorio e di sperimentazione si potrà passare a un piano più concreto. Che è ancora prematuro.
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Ancora Peter Høj: “Il lavoro che questi ricercatori stanno facendo è stato straordinario considerando il poco tempo che avevano a disposizione. Questi ricercatori hanno rinunciato a tutto… famigllia, sonno, riposo e hanno lavorato dormendo sulle poltrone per pochi minuti tra un esperimento e l’altro in un ciclo H24. Auguriamo loro buon lavoro e li ringraziamo di cuore perché l’emergenza non è solo sul campo, tra i malati, ma soprattutto nei laboratori dove i malati li potremo curare e salvare alla radice”.
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