Dalle prima immagini ravvicinate del COVID 19 gli studiosi sembrano escludere che il video possa possa essere stato creato dall’uomo.
È stato uno dei primi pensieri che non sono l’uomo della strada ma anche gli scienziati dei laboratori hanno fatto. Impossibile che un virus così resistente, volatile, aggressivo passa essere nato dal nulla attraverso una trasformazione all’interno di un animale. In tanti hanno pensato a un’altra arma batteriologica, frutto di qualche esperimento a scuola in laboratorio. Forse anche perché nella zona di Wuhan, capitale della regione dell’Hubei, i laboratori che si occupano della trasformazione di virus umani e animali sono molti.
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Ma in realtà le cose non stanno così: a rivelarlo è proprio un pool di studenti e ricercatori italiani a cominciato a studiare il virus COVID 19 a cominciare dalla sua immagine ravvicinata. Lo scatto, elaborato dal dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche dell’ospedale Sacco di Milano parla chiaro: il virus non ha analogie identiche a quelle di altri “parenti” creati in laboratorio, come la SARS. Diverso il suo comportamento nell’atmosfera così come la sua evoluzione.
Lo studio sarà pubblicato a breve sul Journal of Medical Virology, che a sua volta ha inviato i dati anche all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Un vero e proprio incontro ravvicinato con il virus del quale sono state scattate ed elaborate centinaia di immagini fino a riprodurre 52 sequenze che sono state inviate a tutti i laboratori cinesi che in questi giorni stanno effettuando gli studi sulla sua epidemiologia e abbattere i laboratori universitari di fama mondiale.
“Il COVID 19 ha avuto origine e iniziato a circolare, nella sua forma attuale, tra metà ottobre e inizio novembre – spiega all’ANSA Massimo Galli, coordinatore dello studio insieme a
Gianguglielmo Zehender – ma la sua evoluzione decisiva prima di trasmettersi all’uomo è avvenuta a dicembre. In questa prima fase invasiva dell’epidemia il periodo di duplicazione dei casi è stato inizialmente di quattro giorni, la metà di quanto si stimava inizialmente”.
Un comportamento che non può essere imputato a un virus da laboratorio: “Se si trattasse di un virus prefabbricata avrebbe avuto caratteristiche identiche a quelle di virus già esistenti come ad esempio la SARS cui in realtà il COVID somiglia ma solo fino al 79%, è un parente molto stretto. Ma diverso. Non c’è dubbio che questo virus sia molto più simile a quello che si è evoluto dopo la sua trasformazione all’interno dei pipistrelli, qui il codice è uguale quasi per il 90%”.
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La caratteristica più sorprendente e purtroppo anche preoccupante del coronavirus è la sua contagiosità anche se bisogna sfatare il mito del fatto che possa essere la malattia contagiosa più pericolosa e aggressiva di sempre: “Non è assolutamente così -conclude Galli – anzi, forse proprio il tempo che ci concederà potrebbe essere una chiave di lettura importante per trovare una soluzione. E chiaro che il coronavirus si sia esteso molto rapidamente raggiungendo, a dicembre un range tra le due e le tre persone ma io bello ho il raffreddore ne raggiungono 6 e tura 18 dobbiamo aspettare la fine dell’epidemia per trarre delle conclusioni ma sotto questo aspetto, sicuramente, il COVID 19 dovrebbe attestarsi su un valore di gran lunga inferiore”.
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