Dopo il decesso di un uomo in provincia di Padova si registra un altro contagio all’ospedale di Cremona. In programma oggi migliaia di controlli a tappeto nelle province più a rischio.
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La giornata del 21 febbraio resterà impressa come una delle date più nere nella storia recente del nostro paese. È la data in cui il coronavirus è riuscito a superare i vincoli dei controlli e della quarantena e a uccidere: la prima vittima era un muratore in pensione veneto, si chiamava Adriano Trevisan, aveva 78 anni. Sulle sue ultime giornate si sta cercando di fare chiarezza per capire come e da chi abbia contratto la malattia e con quante persone possa a sua volta essere entrato in contatto.
La giornata di ieri è stata un susseguirsi drammatico di notizie, puntualizzazioni, aggiornamenti: dal primo contagio accertato poco prima dell’una del mattino, a Codogno in provincia di Lodi, alla prima vittima, accertata nel tardo pomeriggio all’ospedale di Schiavonia in provincia di Padova. Secondo le ultime notizie ufficiali ci sono diciotto casi di contagio accertato in Italia, sedici dei quali in Lombardia. L’ultimo è stato ufficializzato nella notte quando l’ospedale di Cremona ha confermato che uno dei propri degenti, ricoverato da alcuni giorni, è in realtà positivo al COVID 19.
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La giornata di oggi sarà fondamentale per effettuare controlli a tappeto. Occorre intercettare tutte le persone che, anche inconsapevolmente, potrebbero aver contratto il virus, scambiandolo per una banale forma influenzale. A Schiavonia ieri sono stati effettuati tamponi e scansioni su quasi tutti i degenti e il personale dell’ospedale: i riscontri positivi ci sarebbero e andranno inevitabilmente ad aggravare l’ultimo bilancio di ieri. In tutto si parla di non meno di 10mila controlli concentrati tra Milano, Lodi, Cremona e Padova. Ma il diagramma del contagio è ormai imprevedibile perché nei giorni in cui le prime persone che hanno trasportato e trasferito il virus, forse dei portatori sani asintomatici, i contatti con persone che ora potrebbero essere infette è enorme.
“Dovremo affrontare il virus caso per caso in una lotta porta a porta – dice Gianni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore della Sanità – non ha senso creare psicosi o scatenare il panico ma ognuno deve sapere che il rischio di un contagio c’è e ora si deve correre ai ripari. È un virus aggressivo, molto efficace nelle sue dinamiche di contagio soprattutto attraverso la via respiratoria. L’uso di disinfettati è fondamentale, anche un po’ di alcol è sufficiente per uccidere il virus e ridurre le possibilità di un contagio”.
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