Epicentro della malattia in Corea è la città industriale di Daegu: tutto sarebbe cominciato da una volontaria entrata in contatto con un malato che avrebbe contagiato diverse persone.
Il contagio in Corea
Se da alcuni giorni la forza di contagio del coronavirus sembra incontrare qualche freno, anche se rimangono molti dubbi sulla veridicità di alcuni dati che vengono diffusi dal governo cinese, soprattutto per quanto riguarda le province esterne a quella dell’Hubei e delle zone più interne della provincia, bisogna registrare un incremento di contagi in Corea del Sud.
LEGGI ANCHE –> Coronavirus: Un grande passo verso il vaccino: pronta la mappa 3D
Contagi in flessione in Cina
Se il numero di vittime è salito a 2.112 e quello dei contagiati, internamente alla provincia epicentro del della malattia si è limitato ieri a 108 persone, uno dei più bassi dall’inizio dell’emergenza, bisogna registrare gli altri 31 casi verificati in Corea che portano il numero complessivo delle infezioni a quota 82 in questo paese. In questo caso la città che preoccupa di più è Daegu: trenta dei trentuno nuovi casi si sono verificati qui, a 300 km a sud est di Seoul.
L’altro caso si è verificato proprio nella capitale e pare sia il più grave. I dati sono stati resi noti dal Korea Center for Disease Control and Prevention. I dati sono stati estesi all’organizzazione mondiale della sanità anche perché i sintomi dei pazienti sudcoreani sono diversi rispetto a quelli riscontrati in Cina.
Il super-diffusore coreano
Anche qui, purtroppo, si parla di un super-diffusore. Una persona che sarebbe entrata in contatto con un malato e che avrebbe contagiato non meno di quindici persone. In seguito sarebbe entrata in contatto con altre 200 persone… tutte potenzialmente già contagiate. Si tratta di una donna, la volontaria di una parrocchia cristiana di Daegu, che avrebbe trasmesso il coronavirus a diverse persone che stava assistendo.
LEGGI ANCHE –> Coronavirus, due vittime anche sulla Diamond Princess: “Situazione insostenibile”
Laboratori a pieno regime
Nel frattempo, in Cina continua il lavoro delle oltre 30mila persone, quasi tutti i volontari, che sono arrivate nella provincia dell’Hubei per capire come arginare l’emergenza ma soprattutto come produrre nel modo più rapido possibile un vaccino. I riscontri migliori, in questo caso, sono stati offerti da una semplice trasfusione di plasma. Diversi malati sono stati aiutati con trasfusioni di sangue donato da persone già guarite. Dopo tre giorni non presentavano alcun sintomo.
L’OMS sostiene che si è trattato di un’operazione non convenzionale ma che ha dato riscontri positivi così com’era accaduto in altre epidemie simili di influenza. Il problema ora è continuare a monitorare e cercare di capire se tutto questo potrebbe portare a qualche controindicazione, magari tardiva.