Shia LaBeouf torna al cinema in un film personalissimo come Honey Boy, interpretando il suo stesso padre. La sceneggiatura del lungometraggio diretto da Alma Har’el è infatti ispirata alla sua vita privata.
L’imprevedibile Shia LaBeouf è pronto a tornare sul grande schermo con Honey Boy, film di cui ha scritto la sceneggiatura (come parte del suo programma di riabilitazione) basandosi sulla sua infanzia. Nel lungometraggio diretto da Alma Har’el interpreta una figura ispirata a suo padre.
Il talento di Shia LaBeouf
Shia LaBeouf è dotato di una combinazione stranissima che pochi altri attori hanno: la faccia tenera del ragazzo vessato dalla vita, ma anche un modo di muoversi febbricitante che lo rende un corpo perfetto per l’azione (come d’altronde aveva capito prima di altri Michael Bay). Se alcuni all’inizio lo definirono il Dustin Hoffman della sua generazione, col tempo si è capito che in realtà LaBeouf non è un attore malleabile, che non si trova a proprio agio nel sistema e che non vuole aderire agli obblighi e alle convenzioni che la sua professione imporrebbe (come James Franco ma meno capace editorialmente e quindi meno bravo nel promuoversi). Nel 2015 decise di chiudersi in un cinema di New York e guardarsi tutti i suoi film, uno dietro l’altro, senza interruzioni. Rimase seduto in sala per tre giorni, mentre veniva ripreso da una videocamera in livestream. Un po’ performance situazionista, un po’ la stravaganza di chi è in cerca di attenzioni, ma l’idea si rivelò vincente e si tornò a parlare di lui.
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Totalmente incontrollabile
“È totalmente incontrollabile”. Con queste parole Dito Montiel, regista di Guida per riconoscere i tuoi santi e nel 2015 a Venezia con Man Down, ha definito Shia Labeouf come attore. Solitamente in quelle occasioni ufficiali, nelle interviste organizzate per la promozione di un film, si tende ad utilizzare un linguaggio molto cauto, a moderare tantissimo le parole. Se si sente la necessità di dire qualcosa di spiacevole, la si dice molto tempo dopo l’uscita del film, quando ormai non può più arrecare danni al progetto. Ma in quelle parole di Montiel non c’era disappunto, bensì stima ed eccitazione per aver lavorato con un attore atipico come Labeouf. Il carattere non facile e le sue follie hanno contribuito a ridurre il numero di film che gli vengono offerti, ma certamente non il suo talento di interprete, sempre capace di aderire ai propri personaggi in maniera non convenzionale.
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Honey Boy
Alma Har’el, che aveva già collaborato con Shia LaBeouf nel videoclip Fjögur píanó della band Sigur Rós nel 2012, dà forma alle paure rimosse di un attore che si proietta su schermo nel personaggio interpretato da Lucas Hedges (il ragazzo rappresenta l’attore nella fase di ascesa hollywoodiana). Dal successo mondiale con Transformers, è emerso più volte il lato incontenibile dell’attore, quasi sempre fuori dai set: uscite poco felici, intemperanze, stranezze e minacce. E Dito Montiel, che lo conosce bene, avendo lavorato con lui sia In guida per riconoscere i tuoi santi che in Man Down, spiega che quel carico di caos che contraddistingue la sua vita privata lo porta anche sul set, conferendo ai film una forza e una energia che altrimenti non avrebbero. Le esperienze lavorative con Shia Labeouf ricordano molto le produzioni travagliate e sempre sull’orlo della crisi che coinvolgevano Klaus Kinksi. Ma proprio come accadeva per Kinski, ogni suo film è un avvenimento da guardare con curiosità.