La famiglia ha lanciato un appello alle istituzioni per affrontare questi casi. Il giovane era anoressico dall’età di 14 anni ed è stato trovato morto a letto.
Lorenzo Seminatore non ce l’ha fatta. Il ragazzo anoressico è morto a 20 anni dopo aver rifiutato ancora una volta di riprendere a mangiare. E così una famiglia intera è caduta nello sconforto per aver visto scivolare via la vita del proprio giovane componente. Tanto che nel frattempo è arrivata una lettera proprio da parte dei familiari di Lorenzo. Una lettera che vuole fare un appello nella lotta contro l’anoressia, ma anche da denuncia nei confronti delle istituzioni, che secondo i genitori sarebbero poco attente a questi casi.
Lorenzo Seminatore era anoressico già dall’età di 14 anni. Era riuscito a guarire grazie al tempestivo intervento della famiglia, che decise di portarlo in Valle d’Aosta. Lì aveva ricevuto delle cure specifiche in una clinica specializzata, ma il momento positivo è durato poco. Quattro anni dopo, Lorenzo è infatti tornato a essere anoressico, fino a trascinarsi per i due anni successivi. In quest’ultimo lasso di tempo il rifiuto nei confronti del cibo è diventato totale. Fino al tragico giorno in cui si è diffusa la notizia della sua morte.
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E allora la famiglia del ragazzo anoressico ha scritto questa lettera aperta. “Non ci sono in Italia strutture pubbliche adeguate per la cura dell’anoressia – esordiscono – . Le istituzioni devono muoversi: prima con la prevenzione nelle scuole e poi investendo nella sanità. Mancano anche i percorsi di sostegno alle famiglie. Abbiamo fatto di tutto per aiutarlo, ma non è stato abbastanza. Vogliamo raccontare la nostra storia affinchè ci sono altre famiglie che stanno vivendo il nostro calvario. E sappiamo quanto ci si senta soli“.
Non solo un appello, dunque, ma anche una denuncia da parte dei genitori di Lorenzo Seminatore. Mamma Francesca e papà Fabio vogliono invitare le istituzioni a far sì che qualcosa si muova per la cura di tutti gli altri ragazzi anoressici. “Vogliamo scuotere la coscienza delle istituzioni, perché è inaccettabile che in un Paese come l’Italia non ci siano strutture pubbliche in grado di accogliere e curare ragazzi come nostro figlio. Negli ospedali si limitano a parcheggiarti in un reparto e a somministrare flebo per integrare il potassio. Poi ti rimandano a casa, fino al prossimo ricovero“.