Se avete amato e gioito per la vittoria del film Parasite diretto da Bong Joon Ho agli Oscar 2020, ecco 10 film assolutamente da non perdere.
Il film rivelazione dell’anno Parasite del regista sudcoreano Bong Joon Ho, dopo il poker di Oscar vinti durante l’ultima edizione ha scritto una pagina importante della storia del cinema. Un film straniero non in lingua inglese è riuscito a sbaragliare una concorrenza davvero di altissima qualità, battendo personaggi del calibro di Quentin Tarantino, Martin Scorsese, Sam Mendes e Todd Phillips.
Il pubblico e la critica di tutto il mondo è stato il primo a fare il tifo per il film di Bong Joon Ho, soprattutto quello italiano, vista la presenza del brano In ginocchio da te di Gianni Morandi. Il cinema sudcoreano prima di questo evento, non è mai stato particolarmente seguito dalla stragrande maggioranza degli spettatori, ma ora qualcosa sembra essere cambiata. La curiosità intorno a questa cinematografia, ha portato il pubblico a voler vedere altri film sulla falsa riga di Parasite o per lo meno degni di nota, senza dar conto al genere di appartenenza. Per venirvi incontro abbiamo selezionato 10 film da riprendere, se avete amato il miglior film degli Oscar 2020.
Regista / scrittore: Kim Jee-woon
Cast: Im Soo-jung, Moon Geun-young, Yum Jung-ah, Kim Kap-soo
“Traumi del passato che si intrecciano in una narrazione presente, intrisa di genere” è un modo per esprimere i film della New Wave coreana contemporanea. In A Tale of Two Sisters, del regista Kim Jee-woon, i traumi esplorati provengono da un’antica storia popolare della dinastia Joseon, un regno che è durato per circa 500 anni nella zona che ora conosciamo come la Corea. Kim prende questo racconto popolare, incentrato su una storia che coinvolge l’abuso viscerale della matrigna contro la figlia e la resa dei conti spirituale che viene dai fantasmi. Come potete vedere dalla foto, non mancheranno inquietanti immagini surreali di sangue, interrogativi stridenti di patriarcato e un colpo di scena che vi darà un pugno nello stomaco.
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Direttore: Lee Chang-dong
Scrittori: Oh Jung-mi, Lee Chang-dong
Cast: Yoo Ah-in, Steven Yeun, Jeon Jong-seo
Burning non è solo il titolo di questo film: è la descrizione di ciò che accadrà alle vostre viscere mentre lo guardate! Ma, in senso buono! Si tratta di un thriller psicologico incisivo, esigente e frenetico. Il regista Lee Chang-dong si è trovato in un cast ricco di stelle ben note nel mondo del cinema americano. Come la star della serie The Walking Dead, Steven Yeun, dando una rappresentazione al contempo seducente e inquietante di una mente manipolatrice e sociopatica. Il detective di fatto del film è interpretato da Yoo Ah-in, che è determinato a trovare la verità su Yeun, mentre esce con Jeon Jong-seo, un ex compagno di classe per il quale probabilmente Yoo ha una cotta. E mentre Yoo si avvicina sempre di più alla verità, la sceneggiatura di Lee e del co-sceneggiatore Oh Jung-mi capovolge sottilmente gli stati di potere, di ossessione, di paranoia e di fiducia.
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Direttore: Bong Joon Ho
Scrittori: Baek Chul-hyun, Bong Joon Ho
Cast: Song Kang-ho, Byun Hee-bong, Park Hae-il, Bae Doona, Go Ah-sung
Se l’unico film di Bong Joon Ho che hai visto è Parasite e volete fare bella figura con i vostri amici, presentando un altro film del regista premio Oscar, non perdetevi The Host (Il padrone di casa) del 2006. Il film, forse il più vicino dei suoi lavori precedenti a Parasite, si muove e si intreccia abilmente attraverso vari toni e sapori, spostandosi tra la modalità thriller paranoica di eco-cospirazione, la modalità dramma familiare dolorosamente sincera e la modalità delirante e terrorizzante. All’inizio Bong mette in scena una delle migliori sequenze di attacchi di mostri mai viste in un film – e lo fa infrangendo ogni singola dannata regola. In primis, scegliendo di mostrare l’attacco in pieno giorno, riuscendo a creare quella dose di suspance che solitamente viene ripresa con scene ambientate di notte.
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Regista / scrittore: Kim Bora
Cast: Park Ji-hoo, Kim Sae-byuk, Jung In-gi, Lee Seung-yeon
Spesso i film acclamati della Corea del Sud, che arrivano negli Stati Uniti mostrano il lato più oscuro del genere umano. House of Hummingbird, al contrario non fa parte di questa categoria. Il film di Kim Bora è, invece, una semplice lirica e veritiera esplorazione del viaggio di una ragazza adolescente attraverso Seoul nel 1994. Anno particolarmente sensibile, a causa di alcuni disordini per la crescita della città. Park Ji-hoo interpreta la protagonista di 14 anni, nel pieno della fase educativi, delle sue debolezze familiari e dell’importanza della propria cultura di appartenenza. Kim organizza il lavoro in una serie di vignette a episodi, in cui a Park viene data la possibilità di reagire a tutti i tipi di stimoli che incontra sul suo percorso. Dalle cotte sfortunate agli scoppi di lieve malizia criminale, la storia entra nel vivo quando Park si ritrova schiacciata da un professore adulto.
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Regista / scrittore: Kim Ki-young
Cast: Kim Jin-kyu, Lee Eun-shim, Ju Jeung-ryu, Um Aing-ran
Pubblicato nel 1960, The Housemaid di Kim Ki-young è uno dei film più essenziali e influenti mai realizzati in Corea del Sud. Il suo DNA è incorporato in quasi tutti i film di questo elenco e potrebbe essere considerato come un fratello acquisito del film Parasite. La scelta del bianco e nero riesce a descrivere in dettaglio una storia scoppiettante di ossessione, erotismo, violenza, manipolazione e follia, il tutto commentando maliziosamente le questioni di classe diffuse nella nostra società modernizzata di gerarchie di ricchezza e comodità guidate dal lavoro umano. Tutto inizia quando un compositore e sua moglie incinta, lavorando a pieno ritmo, nonostante le sue condizioni. Per cercare di togliere un po’ di stress alla donna, in accordo con il marito, decidono di assumere una cameriera per aiutare nelle faccende di casa. E le cose si intensificano … rapidamente. Il lavoro di Kim merita di essere menzionato nello stesso respiro dei thriller psicologici canonici come Psycho o Diabolique . Contorta altrettanti “impulsi umani primordiali” fino al punto di rottura, e possiede un senso dell’umorismo malato e contorto, fino alla sua fine morbosamente autocosciente.
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