Prima del clamoroso successo ottenuto con Parasite, vero trionfatore alla 92esima edizione degli Oscar, Bong Joon Ho aveva realizzato Okja, un film per Netflix dalla spiccata tematica ambientalista. Una favola tenera e dissacrante allo stesso tempo.
Alcuni di voi si ricorderanno delle polemiche (assolutamente estranee al film in sé) che accompagnarono la presentazione di Okja al Festival di Cannes. Era l’ultimo anno in cui la kermesse francese ammetteva in concorso un film prodotto da Netflix. Quello stesso anno Almodovar, presidente di Giuria, si lasciò scappare una valutazione inopportuna: ovvero che non era sua intenzione premiare un film che non sarebbe arrivato nelle sale cinematografiche (non proprio un bel biglietto da visita per un presidente che dovrebbe essere imparziale).
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Okja, il film prima del trionfo
Okja è forse uno dei lavori minori di Bong Joon Ho, subito archiviato come passo falso dai molti che invece si aspettavano qualcosa di più dal regista che solo qualche anno prima aveva conquistato tutti con l’opera distopica Snowpiercer. Anche in virtù di quel film così serio e politicamente impegnato, che non aveva nulla di ironico ma invece andava giù duro nel descrivere le discriminazioni di classe, è stato difficile per gli amanti di Bong Joon Ho accettare un film dal tono invece così leggero, molto più vicino a quello della satira che a quello dell’invettiva (col senno di poi, anche Parasite adotterà uno sguardo molto più sardonico e non severo come quello di Snowpiercer). Ci si rende conto della vera natura di Okja solo a metà della sua durata, quando i personaggi umani e il gigantesco maiale protagonista si ritrovano a rincorrersi a perdifiato in un centro commerciale in una sequenza talmente surreale e caotica da ricordare un film di John Landis. La natura satirica del film, fino a quel momento solo suggerita, diventa improvvisamente chiara ed evidente.
Una commedia satirica
Bong Joon Ho racconta la storia di una giovane contadina di campagna e del suo maiale gigante, da cui rifiuta di separarsi e che è disposta ad inseguire fino in città per liberarlo dalla multinazionale che lo vuole utilizzare per i propri profitti. Okja è una grande commedia che coinvolge spietate corporation, ribelli animalisti e pubblico lobotomizzato. In questo carnevale l’unico elemento davvero serio è rappresentato dalla sua protagonista, la cui determinazione non ha nulla di ironico. Se gli animalisti (che teoricamente hanno lo stesso obiettivo della ragazzina) sono mostrati nella loro stupidità (sono loro la vera linea comica del film), la giovane Mija porta avanti la sua battaglia con una convinzione che cozza con il lassismo di tutti quelli che le ruotano attorno, buoni o cattivi che siano.
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Lavoro minore?
La linea narrativa di Mija veicola un messaggio tanto semplice quanto chiaro contro lo sfruttamento degli animali e l’avidità delle grandi multinazionali, sintetizzata in alcune immagini finale che riprendono brillantemente l’iconografia tipica del cinema sull’Olocausto. Pur essendo un film molto meno sfaccettato degli altri di Bong Joon Ho, Okja trova il suo senso nell’alterità della sua protagonista rispetto a tutto il resto. Diversità che il grande cineasta coreano rimarca in tutti i modi, vestendola con abiti fuori moda e dirigendola diversamente da tutti gli altri attori coinvolti nel film.