È al cinema dallo scorso 13 febbraio Sonic – Il Film, il lungometraggio dedicato al celebre riccio blu dei videogiochi targati Sega. Dopo una travagliata produzione, che ha comportato diversi cambiamenti in corsa, il film è finalmente tra noi.
Dopo la falsa partenza dello scorso anno, che ha costretto lo studio di produzione a ridisegnare da zero il modello in computer grafica di Sonic dopo le proteste dei fan, letteralmente insorti dopo la pubblicazione del primo trailer, Sonic – Il Film si rivela un prodotto ben confezionato, dalla discreta fattura e animato da un genuino gusto per l’avventura.
Sonic – Il Film, la recensione
Con il senno di poi, poteva andare molto peggio. Infatti Sonic – Il Film era una di quelle operazione potenzialmente disastrose (come quasi tutti i lungometraggi tratti da videogiochi senza una vera e propria narrazione alla loro base) e persino nata sotto una cattiva stella, che ha partorito però un film dignitoso, dalla scrittura molto elementare e scolastica, di cui si possono prevedere fin dai primi minuti tutti gli eventuali svolti narrativi, ma diretto con gusto e abbastanza intelligente da sfruttare il proprio personaggio in maniera commercialmente (e cinematograficamente) furba. Il modello sembra essere infatti quello di Ted di Seth MacFarlane, ovviamente al netto della volgarità: un buddy movie con un personaggio animato digitalmente che sfonda la quarta parete.
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Il primo capitolo di una saga
Dando per scontato un sequel (salvo risultati disastrosi al box office, che sembrano già essere scongiurati dai primi dati) in qualche modo anticipato da un finale certamente aperto a sviluppi futuri, quello di Jeff Fowler è un film che pone delle basi solide per una saga in grado di conquistare una propria fetta di pubblico e che, osando di più, potrebbe anche catturare degli spettatori disinteressati al tono comunque infantile e bambinesco che Sonic – Il Film mantiene per tutta la sua durata (salvo alcune gag rivolte ad un pubblico più adulto che risultano abbastanza fuori contesto e finiscono per avere l’effetto opposto di quello desiderato).
Come era lecito aspettarsi, l’elemento di interesse del film è però il personaggio interpretato da Jim Carrey: il malvagio Dottor Ivo Robotnik con le movenze ispirate a Dick Van Dyke, lo storico comico americano che deve la sua celebrità soprattutto al film Mary Poppins, in cui interpretò i ruoli di Bert e dell’anziano presidente della banca. Van Dyke è infatti citato esplicitamente da Carrey in più momenti (quello più emblematico è il giochino della “testa mozzata”) e il villain dei film si ispira chiaramente a quel modo di recitare basato molto sulla fisicità del proprio attore (cosa che ovviamente Carrey sfrutta fin dagli inizi della propria carriera).
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La presenza di Jim Carrey
Ma se è vero che Jim Carrey è un elemento di interesse del film, ovvero l’incognita imprevedibile che aggiunge un po’ di imponderabilità ad un formula invece già ampiamente collaudata, non è invece possibile giudicare in maniera completamente positiva la sua interpretazione. Il costante overacting, ovvero la tendenza ad andare sempre sopra le righe, rende piuttosto difficile per lui interagire con il resto del cast, che sembra essere particolarmente disorientato nelle scene in cui compare Carrey, come se anche gli altri attori non sapessero cosa aspettarsi da lui. Non c’è dubbio che è il suo personaggio a calamitare l’attenzione in un film incapace di entusiasmare ma che si limita a svolgere in maniera sufficiente il proprio compito. Ma non è lui a trainare il film verso il successo, piuttosto la professionalità del suo regista.