A sinistra Simona, suicida a 45 anni - meteoweek
Torna d’attualità il caso dell’azzurra che lo scorso anno si era impiccata senza un perché. Anche sua sorella ha scelto il suicidio.
È passato poco meno di un anno dalla morte di Maura Viceconte, campionessa italiana di maratona che, senza lasciare né un biglietto né una spiegazione, si era suicidata nel febbraio dello scorso anno. Maura, atleta di una determinazione feroce capace di scattare nei momenti più duri di una gara sorprendendo anche le favorite, aveva pianificato la sua uscita di scena con grande attenzione.
A soli 51 anni aveva scelto di impiccarsi nel giardino della sua bella casa di Chiusa San Michele, in Val di Susa.
Eppure, sulla sua figura di atleta stava per uscire un docufilm (“La vita è una maratona – La corsa come modo di vivere”), girato con l’amico Luigi Cantore che la conosceva da sempre e che non ha mai saputo spiegare che cosa sia scattato nella mente di Maura che ha lasciato da solo Gabriele, un bimbo di 8 anni.
Oggi quella stessa fine l’ha scelta Simona, la sorella minore della campionessa: anche lei, 45 anni, ha deciso di impiccarsi e lo ha fatto nel quartiere di Colleatterrato, a Teramo, dove si era trasferita dalla Valsusa per seguire il marito che lavorava in banca.
Anche Simona, come Maura, ha messo tutto in pratica con cura e con una determinazione estrema. Non ha lasciato alcun biglietto, al momento per lo meno non è stato trovato nulla, e ha semplicemente deciso di chiudere con il mondo. Non aveva scelto una coda, ma un elegante foulard per strozzarsi.
La morte di Maura è sempre rimasto un mistero. La maratoneta era una donna amata, una campionessa di successo che era riuscita a passare indenne anche da una grave malattia che non le aveva dato alcuno strascico e che aveva posto come condizione non venisse trattata nel suo documentario: “Io non ho il cancro, l’ho avuto ma è finito, è passato. Non ne voglio parlare…” aveva detto. Una vita tranquilla dopo l’agonismo anche se la società per la quale lavorava, la Savio, era in crisi. Maura nello sport e in particolare nell’atletica era un caso più unico che raro perché non era mai entrata nei corpi sportivi militari. Aveva sempre lavorato allenandosi come e più di una professionista: “Perché non ho né il fisico né la tecnica, ma la testa sì, tutto il resto lo devo allenare”. Quella stessa testa che a un certo punto ha detto basta. Senza chiedere aiuto.
Simona potrebbe non aver sopportato l’idea del suicidio della sorella maggiore cui forse avrebbe voluto essere più vicina.
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