Le ultime indiscrezioni parlano di un Mattarella preoccupato dalle frizioni nella maggioranza, con un voto sullo sfondo. In caso di crisi, non ricorrerà a nuovi tentativi nelle camere: se Conte va a casa sulla prescrizione, si tornerà alle elezioni politiche
Mattarella osserva, in silenzio, le ultime mosse del governo con un voto che aleggia sullo sfondo. Il presidente della Repubblica preferisce non intervenire ma è interessato al triangolo Pd M5S e Italia Viva, che ogni giorno fatica a trovare la quadra sulla giustizia. Tema spinoso, con la riforma Bonafede già in vigore, e un Renzi, seguito dagli scudieri, che continua a minacciare la caduta del governo. Su questo punto, le indiscrezioni parlano di un Colle sempre più indispettito dal gioco delle parti.
L’ idea di una seconda strada parlamentare dopo il Conte-bis, che tutto sommato piacerebbe a renziani e ad una parte dei cinque stelle, offrirebbe quasi la possibilità alle forze critiche della maggioranza di alzare la posta. Mattarella, però, sembrerebbe più drastico. Avrebbe fatto sapere il suo ‘No’ netto ad eventuali ricerche di maggioranze, più o meno solide, alla Camera e al Senato. Ha già fatto sapere che in caso di caduta anticipata del ‘giallorosso’, resterebbe soltanto la via delle urne. Chieste a gran voce dal centro destra, in una logica di percentuali non sarebbero un dramma neanche per il Pd, pronto ad incamerare i voti dei fuoriusciti 5S.
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Se Giuseppe Conte andasse a casa, lo seguirebbe l’intero Parlamento. Secondo Mattarella, il voto è lì e dubbi non ce ne sarebbero. In caso di crisi, il percorso sarebbe già tracciato: nessun rinvio del referendum sul taglio degli onorevoli, già fissato per domenica 29 marzo. Si voterebbe regolarmente – come ricostruito da La Stampa – e il governo in carica (o quello incaricato di portare il Paese alle urne) adatterebbe in fretta la legge elettorale. Subito dopo l’Italia tornerebbe a votare. Con un’avvertenza: detta così, può sembrare che il presidente non veda l’ora di mandare tutti a casa. Impressione sbagliata: in realtà Mattarella dubita che, una volta frantumata la maggioranza, questi leader sarebbero in grado di incollare i cocci.
Al presidente interessa che le regole del gioco vengano rispettate tanto nelle procedure quanto nella sostanza. Nelle ultime ore hanno perso quota tanto l’ipotesi del decreto quanto quella del “Milleproroghe”. Prevale adesso l’idea di riformare la riforma Bonafede (che nel frattempo rimane in vigore) attraverso un normalissimo disegno di legge, senza tutte le complicazioni costituzionali del caso. Ma l’attenzione dei palazzi si sta spostando sulla mozione di sfiducia annunciata dai renziani contro il ministro della Giustizia. Uno snodo cruciale intorno al quale gioca la tenuta della maggioranza. Renzi, e la stessa Boschi, mantengono posizioni critiche salvo poi spiegare che la tenuta non è a rischio. Da valutare, però, l’impatto che una mozione di sfiducia su un ministro-chiave potrà avere all’atto pratico negli equilibri interni. Il M5S, reduce da batoste elettorali e da un cambio ai vertici del movimento, non sembra in grado di alzare il livello dello scontro. Restano da capire le mosse di un Pd che, in caso di elezioni, potrebbe rischiare la sconfitta di coalizione ma un incasso corposo come partito.
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