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Cronaca

Coronavirus: mancano i fondi per la ricerca ma Bologna annuncia novità

Gli studiosi non badano agli stipendi (bassi) e continuano a lavorare per capire che cos’è il coronavirus, da dove proviene e come curarlo. E ci sono importanti novità.

Ci sono studiosi, in questo caso giovani, che non badano agli stipendi, tra i più bassi nel mondo, ma con passione e dedizione continuano la loro missione nella ricerca scientifica. Ci sono novità importanti nello studio della nuova epidemia coronavirus, a partire dalla provenienza del virus: potrebbe essere partito tutto dal Pangolino, un animale in via d’estinzione. Federico Giorgi è un ricercatore di bioinformatica al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna e insieme a Carmine Ceraolo, studente della laurea internazionale in Genomics dell’Alma Mater, ha pubblicato una ricerca a tema coronavirus sull’autorevole Journal of Medical Virology.

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“Lo studio – dice Giorgi – lo abbiamo condotto la scorsa settimana e scaturisce dalla genomica umana, che normalmente ci porta a confrontare i DNA di soggetti malati con quelli di soggetti sani per capire se tali differenze siano o meno causa, per esempio, di tumori. Abbiamo spostato il focus sul coronavirus – continua lo studioso – attingendo dal database Genbank e osservando le sequenze di tutti gli organismi per paragonarle a quelle del 2019-nCoV. Un parolone da 30 mila lettere ci ha detto come sono fatte le sue proteine e a cosa è simile, quindi da cosa deriva: ecco il punto innovativo. Abbiamo potuto osservare come somiglia ad altre sequenze di genomi dello stesso virus e come siano diversi da paziente a paziente, da paese a paese…”.

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“Abbiamo consultato il Gisaid nel quale abbiamo trovato altri 55 genomi, da sommare al primo, compresi quelli condivisi dallo Spallanzani di Roma. continua Federico Giorgi – Nessuno ancora li aveva confrontati e così lo abbiamo fatto noi dell’Unibo. Abbiamo identificato tre gruppi: quello della Sars del 2003, quello che causa la Mers, il virus naturale del pipistrello e il neo coronavirus, il 2019-nCoV. Abbiamo scoperto che tutto è derivato da un unico paziente e non molto tempo fa. Da lì poi il virus si è propagato.
Il genoma del 2019-nCoV umano ha in comune circa 96,2% di identità con il suo probabile progenitore nel pipistrello rinvenuto in Cina, nella provincia dello Yunnan”. Ma c’è una sorpresa: “Tre giorni fa  – spiega il ricercatore – su un sito cinese autorevole, il China Agricultural University in Guangzhou, è stato pubblicato un comunicato stampa che annunciava di aver scoperto che la sequenza genomica del pangolino è identica per il 99% a quella dei pazienti affetti da coronavirus”.

Il pangolino, specie ormai in via d’estinzione

Come si sarebbe trasmesso il virus da animale a uomo? “Non è chiaro come possa essere avvenuta la trasmissione, nè nel caso del pipistrello che in quello del pangolino, considerando anche il fatto che il virus può vivere anche diverse ore senza un corpo. E’ comunque molto simile a un virus in natura”. Giorgi parla di cure: “Isolare il virus è stato fondamentale e comunque, per fortuna, il tasso di mortalità è basso e la propagazione lenta. Mentre le terapie della Sars sono risultate inefficaci ma alcune simulazioni informatiche hanno trovato possibili farmaci”. Impossibile non parlare di ricerca in Italia: ” “E’ un po’ come guardare il dito e non la luna – spiega Giorgi – L’Italia non ha una percentuale più alta di precari della ricerca rispetto ad altri Paesi del G20. Da noi si chiamano assegnisti di ricerca, all’estero Postdocs. Il vero problema del nostro Paese è la tragicamente bassa percentuale di PIL dedicata alla ricerca”.

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