A sorpresa, il coreano Bong Joon-ho, regista del nuovo acclamato Parasite ma cineasta con una grandiosa carriera già alle spalle, ha vinto l’Oscar per la miglior regia. Ecco perché l’Academy non poteva scegliere meglio.
Il favorito per l’Oscar alla miglior regia era senza dubbio Sam Mendes. Il suo film in piano sequenza (anche se artificioso e non realmente tale) aveva dimostrato una grandissima abilità tecnica e una grande capacità di gestire il set. Ciò non è però bastato e il film che si pensava dovesse vincere a valanga, in realtà ha ricevuto solo alcuni riconoscimenti tecnici (il più importante quello alla fotografia per il veterano Roger Deakins).
Oscar, vince Bong Joon-ho
Nonostante non fosse data per probabile, la vittoria di Bong Joon-ho non ha comunque sorpreso nessuno. Il cineasta coreano con Parasite è riuscito a mettere in scena la disparità sociale attraverso gli agenti atmosferici e gli elementi di design. Quello coreano è un cinema che comunica innanzitutto con le immagini e solo successivamente con le parole.
La regia di Parasite
In Parasite tutto ciò che accade in secondo piano (quello che in un qualsiasi altro film considereremmo marginale e superfluo) si rivela in realtà indispensabile per capire ciò che sta accadendo in primo piano. Bong Joon-ho, come pochissimi altri registi di “cinema dal vero”, sembra concepire i suoi film nello stesso modo in cui si concepiscono i cartoni animati, ovvero partendo da idee visive che vengono poi utilizzate come spunto per costruire una narrazione attorno ad esse.
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Un cinema di immagini
Così le ambientazioni di Parasite diventano non solo un elemento costitutivo del racconto (la stessa composizione delle stanze è studiata in termini diegetici prima ancora che architettonici) ma addirittura ci spiegano la condizione sociale dei personaggi. La casa elegantissima dei Park da sola basterebbe a rappresentare l’autoreferenzialità della borghesia coreana, in costante contemplazione di se stessa, mentre quella interrata dei Park al contrario ci suggerisce benissimo la costante incertezza in cui vive la famiglia, sempre sul punto di sprofondare, ma mossa dalla speranza di un futuro migliore.