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Cronaca

Treno deragliato: indagati i 5 operai | Hanno lavorato allo scambio

Ci sono 5 operai Rfi indagati per l’incidente ferroviario del treno ad alta velocità che ha causato la morte di due macchinisti. Sono già stati trasferiti ad altre mansioni. “Atto dovuto”.

La carcassa della motrice nella quale hanno perso la vita i due macchinisti

Di solito si definisce ‘atto dovuto’ quando si spediscono avvisi di garanzia dopo un grave incidente, specie se questo causa anche dei morti. Certo, la posizione degli operai che lavoravano allo scambio che ha originato la tragedia, non è delle più semplici. I cinque  intervenuti l’altra notte sullo svincolo in corrispondenza del quale si è verificato
il deragliamento del treno Frecciarossa che ha causato due morti e 31 feriti sono stati iscritti nel Registro degli indagati della Procura di Lodi.

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Una certezza c’è ed è inconfutabile: a lavorare sullo scambio al “chilometro 166+771”, fino a un’ora prima del disastro, è stata una squadra di 5 operai di Rfi. Per questo la procura di Lodi, titolare dell’inchiesta, ha iscritto i loro nomi nel registro degli indagati.
Quello scambio è il “punto zero” dal quale è iniziato tutto, in cui alle 5,34 di giovedì mattina è deragliato il Frecciarossa 1000 “9595”, partito dalla stazione centrale di Milano. Il fascicolo è stato aperto aperto per disastro ferroviario, lesioni e omicidio colposo plurimo, probabilmente crescerà di numeri perchè basterà risalire alla catena di controllo di Rete ferroviaria italiana, qualcuno potrebbe avere omesso di fare qualcosa.

A causare lo schianto del treno è stato, senza dubbio, il deviatoio rimasto «aperto» verso la «corsia di ricovero». La squadra di operai di Rfi (quattro oltre al responsabile) aveva comunicato alla centrale operativa di Bologna,  l’inizio dei lavori per aggiustare un guasto proprio su quello scambio. Per effettuare la riparazione gli operai, come da prassi  hanno disalimentato il deviatoio. Quindi lo hanno isolato, rendendolo praticamente invisibile ai monitor della centrale bolognese. Alle 4,45 il problema non era ancora risolto, ma l’anomalia pare non fosse tale da impedire il passaggio di un treno dell’Alta Velocità. Così gli operai hanno concluso i lavori e comunicato che lo scambio era «chiuso» e isolato dal sistema, per permettere il passaggio del treno. Il fonogramma, «Deviatoio numero 05 disalimentato e confermato in posizione normale», era il via libera ai macchinisti per partire: un’operazione ripetuta centinaia di volte. Il problema è che qualcuno ha detto che era chiuso, ma di fatto lo ha lasciato aperto.

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Chi sia stato spetta agli inquirenti dirlo. Gli investigatori hanno già ascoltato gli operai in servizio quella notte, ora indagati e trasferiti «ad altro incarico» dalla stessa Rfi. Da quello che emerso, nessuno di loro si sarebbe assunto la responsabilità. Potrebbe essere stato qualcuno dal ‘posto movimento’ nella palazzina di Rfi su cui si è schiantata la prima carrozza del treno, dopo aver comunicato la sua attività alla centrale. Ma poteva farlo anche qualcuno fisicamente azionando una leva. Ecco perché il timore degli inquirenti è che dietro la tragedia ci sia stato un chiaro ‘errore umano’. Non è escluso però anche qualche problema di comunicazione nel sistema e nella rete di comando di Rfi che gli agenti della Polfer e del Nucleo operativo incidenti ferroviari stanno scandagliando.

“Mi fa male al cuore vedere un gioiello della tecnologia ridotto così” – ha detto un investigatore che di tragedie e di incidenti, suo malgrado, se ne intende. Ora nella zona restano solo pochi curiosi che fanno visita al luogo del disastro. Si avvicinano, e scattano qualche foto. E nella zona c’è quello che resta del Frecciarossa partito da Milano giovedì all’alba e che ha finito qui la sua corsa a trecento chilometri all’ora. La seconda carrozza accasciata sul fianco. Le altre ancora in piedi, seppure deragliate e ammaccate. Qualche decina di metri più indietro, la locomotiva sventrata e adagiata sulla palazzina delle Ferrovie, in cui hanno perso la vita i due macchinisti Mario Dicuonzo e Giuseppe Cicciù. Tutti e trentuno i feriti, tra passeggeri e personale Trenitalia, stanno meglio, anche se il ricordo dell’incidente non sarò facile da cancellare.

 

 

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