Il caso Vannini si infittisce sempre più: il processo sarà riaperto. “Marco Vannini non è morto per un colpo di arma da fuoco, ma è morto per un ritardo di 110 minuti nei soccorsi da parte della famiglia Ciontoli”. Il Pg della Cassazione ha chiesto di annullare la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma, che ha ridotto da 14 a 5 anni di reclusione la condanna per Ciontoli
“Caso Vannini? La richiesta è un nuovo processo d’appello perchè si è trattato di omicidio volontario”. Così il sostituto procuratore generale della Cassazione – Elisabetta Ceniccola – ai giudici della prima sezione penale nel corso dell’udienza del processo per l’omicidio di Marco Vannini. Il giovane fu ucciso da un colpo di pistola nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 mentre era a casa della fidanzata a Ladispoli, sul litorale romano.
Il Pg ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza d’Appello per la famiglia Ciontoli e disporre un nuovo processo per il riconoscimento dell’omicidio volontario con dolo eventuale. Sul caso Vannini, morto appena ventenne, lo scorso 29 gennaio i giudici della corte d’Assise d’Appello di Roma avevano condannato il padre della sua fidanzata Antonio Ciontoli. L’accusa di omicidio colposo a 5 anni di reclusione contro i 14 che gli erano stati inflitti in primo grado per omicidio volontario, confermando, invece, le condanne a tre anni per i due figli di Ciontoli, Martina e Federico, e per la moglie Maria Pezzillo.
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Ceniccola nella requisitoria: “Vicenda disumana, morì per il ritardo”
Nel corso della requisitoria il sostituto procuratore Elisabetta Ceniccola ha fornito ulteriori dettagli. Ricostruita la colpa della famiglia Ciontoli e il ritardo fatale che sarebbe costato la vita all’appena ventenne Marco. “Si tratta – ha spiegato il pg – di una vicenda gravissima per la condotta degli imputati e addirittura disumana considerati i rapporti con la vittima. Marco era un ospite in quella casa e come tale andava trattato. Marco Vannini – aggiunge – non è morto per il colpo di pistola ma per i 110 minuti di ritardo nell’allertare i soccorsi. Tutti per ben centodieci minuti mantennero una condotta omissiva menzognera e reticente. La gravità della situazione era sotto gli occhi di tutti loro. Se metto una bomba su un aereo non posso dire che non volevo far morire delle persone. Nel caso di Marco Vannini – sottolinea – il proiettile è come la bomba di quell’aereo”.
A margine della requisitoria davanti alla prima sezione penale, aggiunge. “Quel ritardo – spiega – costituisce l’assunzione di una posizione di garanzia verso Vannini, presa da parte di Antonio Ciontoli e dai suoi familiari”. La mamma di Marco, intanto, è tornata ad esprimersi sulla vicenda. “Voglio sperare – le sue parole ai cronisti – nella Giustizia. Che si scopra e si ratifichi la verità su quanto accaduto”.