Campagna in favore di Julian Assange, i cronisti ne chiedono la liberazione

Si torna a lottare al fianco di Julian Assange, o per lo meno: molti sono i cronisti di fama scesi in campo al fianco del fondatore di WikiLeaks

LONDON, ENGLAND – MAY 19: Julian Assange speaks to the media from the balcony of the Embassy Of Ecuador on May 19, 2017 in London, England. Julian Assange, founder of the Wikileaks website that published US Government secrets, has been wanted in Sweden on charges of rape since 2012. He sought asylum in the Ecuadorian Embassy in London and today police have said he will still face arrest if he leaves. (Photo by Jack Taylor/Getty Images)

“Speak up for Assange” è la petizione promossa da giornalisti e associazioni giornalistiche che finora ha raccolto oltre 1100 firma provenienti da 96 Paesi. Esorta governi e stampa “a chiedere la fine della campagna scatenata” contro il fondatore di Wikileaks

I fatti

Il governo del Regno Unito, in stretta collaborazione con quelli di USA, Ecuador, Svezia e Australia, continua a tenere arbitrariamente in stato di detenzione e a trattare con metodi di tortura il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, nonostante gli appelli alla sua liberazione provenienti non solo dall’opinione pubblica, ma anche e sempre più da autorevoli istituzioni internazionali.

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LONDON, ENGLAND – JANUARY 23: A sign placed by supporters of Wikileaks founder Julian Assange is seen as people wait in line at The City of Westminster Magistrates Court on January 23, 2020 in London, England. Julian Assange appeared for a case management hearing by videolink from Belmarsh Prison. He is being held pending a judgement on his extradition to the USA on charges of espionage and computer intrusion. (Photo by Leon Neal/Getty Images)

Dopo anni di silenzio nei circoli ufficiali del potere, qualcosa sembra finalmente muoversi a favore del giornalista/attivista australiano, la cui sorte, strettamente legata alla sopravvivenza del diritto a una libera informazione, continua tuttavia a essere minacciata da una possibile estradizione negli Stati Uniti.

La campagna

Un appello per chiedere la liberazione di Julian Assange, perché l’azione legale promossa nei suoi confronti “rappresenta un precedente estremamente pericoloso per i giornalisti, per i mezzi di informazione e per la libertà di stampa”. Ha raccolto oltre 1100 firme proveniente da 96 Paesi diversi l’appello Speak up for Assange, promosso da giornalisti e associazioni giornalistiche: oltre al direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, hanno aderito Edward Snowden, whistleblower del caso Nsa, Giannina Segnini, direttore della Columbia Journalism School, l’ex europarlamentare Barbara Spinelli e il linguista e saggista Noam Chomsky.

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Julian Assange, fondatore ed editore di WikiLeaks, è attualmente detenuto nel carcere di alta sicurezza di Belmarsh, nel Regno Unito, in attesa di essere estradato e poi processato negli Stati Uniti in base all’Espionage Act – si legge nel testo dell’appello che era stato pubblicato anche sul Fatto -. Assange rischia una condanna a 175 anni di prigione per avere contribuito a rendere pubblici documenti militari statunitensi relativi alle guerre in Afghanistan e Iraq e una raccolta di cablogrammi del Dipartimento di Stato Usa. I War Diaries hanno provato che il governo statunitense ha ingannato l’opinione pubblica sulle proprie attività in Afghanistan e Iraq e lì vi ha commesso crimini di guerra. WikiLeaks ha collaborato con un grande numero di media in tutto il mondo, media che hanno pubblicato a loro volta i War Diaries e i cablogrammi del Dipartimento di Stato Usa“.

 

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