Sono passati 13 anni da quando nel 2007 la multinazionale dell’acciaio Thyssen fu colpita da un rogo in cui persero la vita sette operai.
Ieri l’ennesima rigetto di un tribunale tedesco. Si aprono dunque le porte del carcere per gli ultimi due condannati nel processo Thyssenkrupp. Un tribunale tedesco ha respinto il ricorso di Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, i manager della multinazionale dell’acciaio riconosciuti responsabili in via definitiva per il rogo che nel 2007, a Torino, uccise i 7 operai.
Il Tribunale regionale superiore di Hamm ha respinto il ricorso dei due manager di Thyssenkrupp e ora sconteranno 5 anni di carcere in Germania.
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Gerald Priegnitz e Harald Espenhahn erano già stati condannati in Italia per la morte di 7 operai nel rogo dello stabilimento di Torino. Il tribunale di Essen aveva dichiarato esecutive le pene italiane, ma le aveva adeguate al diritto tedesco, che prevede una detenzione massima di 5 anni.
I racconti di quei momenti, tragici, arrivano da una delle vittime dell’incidente. Nel rogo infatti fu coinvolto un ottavo operai, che però fortunatamente non perse la vita.
Poco dopo l’una di notte, sulla linea 5 dell’acciaieria di Torino, sette operai furono investiti da una fuoriuscita di olio bollente, che prese fuoco. I colleghi presenti chiamarono i vigili del fuoco e ambulanze del 118.
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Alle 4 del mattino si registra la morte del primo operaio, il suo nome era Antonio Schiavone. Nei giorni che seguiranno, dal 7 al 30 dicembre 2007, moriranno le altre sei persone ferite in modo gravissimo dall’olio bollente: si chiamavano Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo e Bruno Santino. Degli operai coinvolti nell’incidente, l’unico superstite e testimone oculare si chiama Antonio Boccuzzi: lavora nella Thyssen da 13 anni, è un sindacalista della UILM, il suo ruolo sarà centrale nella denuncia delle colpe dell’azienda.
“Giustizia sarà fatta quando saranno realmente in galera”. Così Graziella Rodinò, mamma di Rosario, uno dei sette operai morti nell’incendio della Thyssen ha commentato la decisione del Tribunale regionale superiore di Hamm. “E’ una notizia che alimenta la speranza di giustizia, ma troppe volte sono riusciti a trovare il modo di non scontare la pena – ha aggiunto -. Quando saranno dietro le sbarre, allora ci crederemo…”.
“Era una ferita da rimarginare”. Il commento di Raffaele Guariniello, pubblico ministero del caso Thyssenkrupp.
“Non era giusto, ma un’altra cosa importante da sottolineare – ha ricordato- è che la pronuncia dei magistrati di Hamm conferma che il processo Thyssenkrupp fu un processo giusto”.
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Sulla vicenda è intervenuto anche il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. “Il mio primo pensiero va ai familiari delle vittime che rivendicavano una risposta di giustizia. A loro va il mio più forte abbraccio. A loro avevo detto che non si poteva pensare di sfuggire alla giustizia italiana semplicemente varcando il confine. Non abbiamo esitato a sensibilizzare in ogni occasione e a differenti livelli le autorità tedesche sull’aspettativa italiana che la giustizia facesse il suo corso in tempi rapidi”.
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