Condannato in appello per omicidio volontario l’uomo che uccise la moglie depressa. “Lei stessa mi chiese di farlo più volte”. Nove anni e quattro mesi la condanna, in primo grado ebbe dieci anni. Lo ha stabilito la Corte d’ assise d’ appello di Roma
La Corte d’assise d’appello di Roma ha condannato l’uomo che uccise la moglie depressa: 9 anni e quattro mesi la condanna. Stanco di vedere la moglie star male, decise di ucciderla, sostenendo che era stata lei stessa a chiederglielo più volte. La sua intenzione, come ha ripetuto ai giudici, sarebbe stata quella di farla finita anche lui. È stato condannato in appello a nove anni e quattro mesi di reclusione per omicidio volontario il 66enne Valter Pancianeschi. L’accusa si riferisce all’ uccisione della moglie Paola Adiutori, trovata morta in casa nel settembre 2018.
La sentenza è stata emessa dalla prima Corte d’assise d’appello di Roma. Va ricordato che in primo grado Pancianeschi era stato condannato a dieci anni di reclusione dal gup capitolino, a conclusione del processo che si svolse con rito abbreviato. Pancianeschi fu fermato nella notte tra il 28 e il 29 settembre 2018. Sul luogo del delitto fu rinvenuto un biglietto con una frase agghiacciante.”Scusate, dovevo farlo. Non volevo vederla più soffrire”. Inizialmente tutte le conclusioni portavano ad un’ipotesi di suicidio, ma il possibile omicidio volontario prese corpo con il passare dei giorni.
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L’uomo confessò durante l’interrogatorio in caserma
Fu durante l’interrogatorio in caserma, davanti al pm, che l’uomo confermò di aver ucciso la moglie. Fin da subito il movente fu ricondotto all’esasperazione per una forte depressione che la moglie aveva da tempo, a tal punto da accusare ripetuti malori e una cosciente voglia di farla finita. Entrati nell’appartamento nel quale la coppia viveva nel quartiere romano di San Giovanni, i carabinieri, secondo quanto all’epoca si apprese, trovarono il corpo di Paola Adiutori e accanto Pancianeschi con un coltello da cucina puntato alla gola.
I militari riuscirono a tranquillizzare l’uomo e, disarmato in un momento di distrazione, scongiurarono il suicidio. Secondo le ricostruzioni l’uomo, dopo aver ucciso la moglie, era intenzionato a farla finita a sua volta. Fu lo stesso Pancianeschi a confessare di aver soffocato la moglie per esaudire il desiderio della donna di interrompere un’esistenza diventata insopportabile. Non riuscì, tuttavia, ad auto infliggersi un corpo mortale causa tempestivo intervento delle forze dell’ordine, nel frattempo giunte sul posto.
L’episodio avvenne nell’appartamento di via Albalonga nel quartiere San Giovanni, Roma, dove viveva la coppia. Non avevano figli e vivevano da soli. Fu proprio Valter Pancianeschi intorno alle diciannove, a contattare il numero di emergenza 112 dei carabinieri facendo scattare l’allarme. Come ricostruito davanti al giudice, avrebbe detto a chi era dall’altra parte della cornetta. “Ho ucciso mia moglie, adesso mi toglierò la vita”. Una confessione a cui fece seguito l’annuncio di suicidio, ma i carabinieri riuscirono ad arrivare in tempo nella casa occupata dai due coniugi.