Il predecessore di Manfredi aveva fatto questo appello prima di dimettersi. Ora il ministro dell’Università spinge per avere fondi e sottolinea l’importanza della ricerca.
Gaetano Manfredi entra a gamba tesa e dà ragione, quasi un mese dopo l’incidente diplomatico, al suo predecessore. Nei giorni che hanno preceduto le sue dimissioni da ministro, infatti, Lorenzo Fioramonti aveva fatto sapere che era necessario un miliardo di euro per rilanciare istruzione e ricerca. E il nuovo ministro dell’Università – dicastero scisso dagli altri due per volere di Conte – ha dato sostanza alle parole del precedente titolare del ministero. In primis Manfredi, intervistato da La Repubblica, ha fatto capire quanto sia importante essere consapevoli e collaborativi per far ripartire la macchina dell’istruzione italiana. “Per far funzionare la macchina devo lavorare con persone che conoscono l’università italiana e di cui mi fido. Il sentire sta cambiando. In questo primo mese di incontri in Parlamento ho percepito una sincera consapevolezza“.
E poi si arriva al nodo cruciale, quel miliardo di euro di cui parlò Fioramonti prima di dimettersi. Il nuovo ministro dell’Università ammette che sia necessario uno stanziamento di tale rilevanza. “Il miliardo di euro chiesto dal mio predecessore per l’università e la ricerca è un riferimento giusto. Si tratta di una cifra da gestire per tre anni. Sono soldi che devono essere certi e distribuiti con continuità“. Ma come verrebbe speso questo miliardo? Manfredi risponde così: “Partiamo subito, con 400 milioni per l’edilizia universitaria. Un mese e sarà pronto il bando a cui potranno partecipare gli atenei pubblici del Paese. C’è chi ha progettato un nuovo campus, chi deve ammodernare le aule. Un finanziamento nazionale per l’edilizia non si vedeva da 12 anni“.
Il ruolo del ricercatore diventa importante, specialmente in questo periodo in cui le malattie e le cure per debellarle variano di giorno in giorno. Il ministro difende il ruolo dell’università e spinge affinchè venga snellito il percorso per insegnare o diventare ricercatori. “Inizierei a riformare il pre-ruolo. Oggi in Italia si può restare assegnisti di ricerca per dieci anni. Se a questo periodo si sommano altre otto stagioni potenziali da ricercatore, si arriva ad ambire alla cattedra da docente a 45 anni. È troppo tardi“. Anche perchè, secondo Manfredi, la burocrazia continua a essere un ostacolo in Italia. “Nell’università occidentale si fa così, nella pubblica amministrazione italiana no. Togliere burocrazia agli atenei è un altro modo di finanziarli. Il livello medio dell’università italiana è il più alto nel mondo. Istituirò una direzione delle politiche internazionali, tema decisivo per l’università italiana“.
Infine si parla del Coronavirus e della ricerca di un rimedio a una epidemia che sta mettendo in ginocchio la Cina e non solo. Una equipe di medici donne italiane ha isolato il genoma, e questo consente a Manfredi di spingere per rafforzare la ricerca nel nostro Paese, dopo una serie di tagli di fondi. “Il finanziamento del centro per le malattie infettive e degli altri istituti di ricovero e cura dipende dal ministero della Salute, ma, va detto, lo stato della ricerca italiana è simile in tutti i settori. La grande crisi dal 2008 al 2014 ha impoverito la Pubblica amministrazione e ha spinto le risorse della ricerca al livello pre-crisi“.
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