Roma avvolta da preoccupazione con lo spauracchio coronavirus, il prefetto lancia l’appello. “No agli allarmismi, non ci sono caratteri di emergenza. Possiamo lanciare un messaggio di tranquillità ai cittadini, chiamati ad evitare forme di psicosi”
Il prefetto lancia l’appello per smorzare i toni sul coronavirus. Roma vive con angoscia gli ultimi giorni, tra corse alla mascherina e metodi ‘fai da te’ sciorinati dai cittadini. Ieri si è tenuta una riunione tecnica presieduta dal prefetto Gerarda Pantalone, i vertici istituzionali e le forze dell’ordine. Il messaggio che ne viene fuori è evidente: smorzare i toni. L’obiettivo è domare la psicosi dilagante dell’epidemia nella Capitale. “No agli allarmismi”, dice il prefetto durante il vertice che ha definito “di conoscenza, per capire come era la situazione, ma senza alcun carattere di emergenza”. E aggiunge: “Eravamo tutti pronti, nel caso ci fossero state notizie di altro genere, a mettere in campo tutta una serie di attività. La situazione è invece assolutamente tranquilla. Possiamo lanciare un messaggio di tranquillità ai cittadini e cerchiamo di non esasperare situazioni che esasperate non sono”.
Le parole di Pantalone sono sottoscritte anche da Virginia Raggi: “La situazione è sotto controllo, evitiamo inutili allarmismi. Ci hanno detto che è tutto sotto controllo. I casi sono allo Spallanzani e l’ospedale ci ha rassicurato”, dice la sindaca. E aggiunge. “Il Comune non ha previsto misure specifiche perché non ci sono state richieste”. L’attenzione, però, resta alta. “La vigilanza è opportuna, ma non alzeremo allarmismi perché non ce ne è bisogno — spiega Nicola Zingaretti —. In questo momento nel Lazio censiamo di normale influenza circa 85 mila pazienti, solo due di coronavirus. Adesso stiamo combattendo la vera battaglia di curare le persone dalla normale influenza, impegno ancora più complesso”.
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La città vive nella preoccupazione nonostante gli appelli
Al netto dei messaggi che seguono la strada della normalità, la tensione in città non cala. L’allarme scattato a Civitavecchia è svanito e i 6 mila crocieristi sono potuti sbarcare tranquillamente. Anche l’hotel dove hanno alloggiato i due cinesi contagiati da coronavirus prova a ripartire dopo aver schivato il rischio sequestro. Ma restano i casi sospetti allo Spallanzani a generare la psicosi cittadina. Un modus operandi silente, che quasi non ascolta le indicazioni provenienti dalle istituzioni.
Nella Chinatown dell’ Esquilino sono molte le persone che circolano indossando la mascherina ormai quasi introvabile nelle farmacie. In questo scenario, non mancano casi di razzismo nei confronti di cittadini cinesi reputati responsabili del contagio. Ieri in un bar nei pressi di Fontana di Trevi è apparso un cartello a vietare l’ingresso a cinesi: rimosso nel pomeriggio e bollato da Raggi che ha parlato di episodio “assolutamente ingiustificato”. Anche l’ambasciata cinese ha condannato numerosi “atti di intolleranza”. C’è chi invece ricorre all’ironia, che in alcuni casi può alleggerire il peso. In un bar, i caffè sono serviti con l’ausilio di una mascherina. Una iniziativa che strapperà sorrisi, quanto mai necessari nella ombrosa Capitale.