Roma è inchiodata a letto con l’influenza ma ha paura del Coronavirus. Sono 50mila i cittadini con febbre e mal di testa. Se non è psicosi, poco ci manca. “Non affollate i pronto soccorso ma rivolgetevi al medico di base”.
Roma ha paura del contagio e spesso scambia l’influenza per qualcosa di più grave. Sono cinquantamila i romani a letto con l’influenza. Un picco registrato nell’ultima settimana di gennaio che sta colpendo specialmente bambini al di sotto dei cinque anni ma anche gli adulti e che spinge in tanti a recarsi al pronto soccorso. Una situazione migliore riguarda la fascia di popolazione over 65, che è abituata a sottoporsi a vaccinazione. Il Lazio è tra le regioni più colpite d’Italia, con più di 9 casi per mille. I sintomi classici del virus influenzale sono febbre alta e mal di testa, e troppo frequenti sono le ricadute. Il Ministero della Salute avverte: “Non affollate i pronto soccorso ma rivolgetevi al medico di base”. “Il numero di casi di sindrome simil-influenzale soprattutto nella fascia d’età dai zero ai quattordici anni è aumentato rispetto alla scorsa settimana” spiega ancora il Ministero. Un numero di influenzati tra grandi e piccini che in Italia a circa 488.000 in questa settimana, per un totale, dall’inizio della sorveglianza, di circa 2.768.000 casi”.
La psicosi Coronavirus contagia anche le scuole. La gente ha già iniziato a disertare ristoranti cinesi e negozi. La chat dei capi di istituto di Roma e Lazio ieri è stata subissata da messaggi allarmistici. “Si sono rivolti a me tanti presidi che non sanno cosa rispondere ai genitori in apprensione, nella Capitale il mondo della scuola è in fibrillazione” – ha dichiarato Mario Rusconi, presidente dell’Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola del Lazio. CUn modo per dire: non sappiamo come comportarci. “In diverse scuole (elementari, medie e superiori) – prosegue Rusconi – abbiamo ragazzini cinesi che sono tornati dalla Cina in questi giorni anche per partecipare al Capodanno, poi annullato, e questo genera apprensione nelle famiglie. Il punto è che nessuno ci ha detto come muoverci”. Appunto.
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“Al di là delle indicazioni di tipo profilattico diffuse dagli organi sanitari, che in verità servono a poco (lavatevi le mani, evitati contatti di troppo etc.), e al di là del constatare visitandolo a Fiumicino se un bambino abbia o meno la febbre, l’incubazione del virus è di 14 giorni. Quindi ci possono essere ragazzi pure tornati a scuola senza alcun sintomo, ma che poi non è escluso possano maturare questa forma di malattia. So – continua il responsabile – che l’Assessorato regionale alla Sanità, che ho contattato, avrebbe avuto un incontro con l’Istituto Superiore di Sanità per diramare poi indicazioni più di dettaglio. Intanto, parecchi genitori chiedono garanzie per i loro figli. I presidi – spiega ancora il leader di ANP Lazio – sono fortemente pressati dai genitori. Ma noi non possiamo dire assolutamente nulla, non ci possiamo inventare misure. Alcuni papà e mamme ci hanno chiesto perfino di non riammetterli a scuola i bambini e ragazzi rientrati dalla Cina, ma non possiamo prenderci assolutamente questa responsabilità. Il certificato medico, tra l’altro, dall’anno scorso, non è nemmeno più previsto“.