L’avvocato di Cinzia Magnarelli, assistente sociale indagata, aveva raggiunto un accordo con la pm ma il giudice ha rifiutato il patteggiamento; ecco perché.
Il giudice ha rifiutato: Cinzia Magnarelli non uscirà. La pena che gli sarebbe spettata, secondo il giudice, era troppo esigua: un anno e quattro mesi di reclusione, pena sospesa, per i reati di falso ideologico e frode processuale per sette episodi (le altre ipotesi di tentata estorsione e violenza privata erano già state eliminate dal giudice Luca Ramponi per mancanza di gravi indizi), per i quali rischia da uno a sei anni. Niente da fare.
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Il giudice Rat si sofferma sull’episodio «ritenuto più grave in astratto», contestato in concorso con l’ex responsabile dei servizi sociali Val d’Enza Federica Anghinolfi: aver bocciato la capacità genitoriale di una coppia perché non ammetteva gli abusi sessuali su una figlia, addebitata anche a un problema culturale perché stranieri. Su quest’accusa “l’indagata – ha detto il giudice – ha attestato una pluralità di circostanze false nella sua relazione del 27 giugno 2016“. E parla di “danno di assoluta gravità, capace di mettere in pericolo le decisioni dell’autorità giudiziaria, chiamata a pronunciarsi sull’affidamento dei minori, e di ledere i vincoli familiari” secondo quanto riportato dal Resto del Carlino.
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Non sono serviti ad aiutarla nemmeno gli aumenti di pena previsti nell’accordo tra le parti sono stati ritenuti adeguati: “anche in concorso con i coimputati ha posto in essere una pluralità di falsità ideologiche in atti pubblici, a cui si aggiungono le frodi processuali, tutte percorse – rimarca il giudice – da un gravissimo disegno criminoso. Un ‘piano’ strumentale a perseguire obiettivi ideologici non imparziali, capaci di indirizzare, anche attraverso la possibile induzione in errore dei consulenti tecnici d’ufficio, le scelte dell’autorità giudiziaria, e ciascuno connotato da un disvalore assolutamente significativo“.