Contastato il primo decesso del coronavirus a Pechino e aumentano le vittime nel bilancio. Rafforzate le misure di sicurezza per evitare il contagio. Intanto Hong Kong, Giappone e Mongolia lanciano l’allarme: pronti a rientrare in patria i concittadini presenti nella provincia di Hubei
Secondo le autorità di Hubei, la provincia epicentro della diffusione del coronavirus, solo nelle ultime 24 si sono registrati 769 nuovi casi con bilancio aggravato. Al momento il numero totale dei decessi è salito 81, con 2835 contagiati. L’Organizzazione mondiale della sanità, che oggi ha incontrato a Pechino i rappresentanti del governo cinese, ha di fatto rivisto il livello di allerta sull’epidemia di polmonite da coronavirus. Ammesso un errore nei suoi rapporti precedenti, neanche troppo nascosto. Lo scorso 23 gennaio, dopo una riunione del Comitato di emergenza a Ginevra, il direttore generaleTedros Adhanom Ghebreyesus si era così espresso. “E’ ancora troppo presto per dichiarare un’emergenza sanitaria globale, non è il momento per lanciare allarmismi”. Una valutazione che, secondo alle stime riviste da un portavoce, potrebbe essere erronea nella sua interezza.
Intanto, il premier cinese è tornato a parlare dell’emergenza che attanaglia il paese. “E’ mio compito provare a tirare su il morale. Il governo sta controllando e guidando il lavoro per contenere la diffusione del virus e per incontrare pazienti contagiati dal virus. State facendo di tutto per salvare vite umane – ha aggiunto il premier al personale dell’ospedale Jinyintan – nell’impegno per salvare vite umane dovete anche proteggere voi stessi. Da parte nostra è in atto il massimo sforzo per garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini”.
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A Wuhan si accelera per costruire nuovi ospedali
Wuhan, come annunciato dal premier, è in fermento. Si lavora senza sosta per costruire due nuovi ospedali in tempo di record. Sullo sfondo, si attende l’arrivo di 1600 medici specializzati per far fronte all’emergenza sanitaria. Brutte notizie arrivano invece da Pechino: si registra il primo morto nella capitale, un uomo di cinquanta anni che l’otto gennaio scorso si era recato a Wuhan. Per lui non c’è stato nulla da fare dopo il contagio immediato.
Preoccupazione giunge intanto da Hong Kong, Giappone e dai paesi europei. La Francia, ad esempio, sta organizzando l’evacuazione dei cittadini che vivono o lavorano a Wuhan. Non è l’unico paese che lancia l’allarme e pensa ad un ritorno dei propri connazionali. “Il rimpatrio dei francesi che desiderano avverrà in settimana con mezzi aerei” ha annunciato senza mezzi termini il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian. Anche la Germania, avvolta nella preoccupazione, sta valutando se richiamare diciannove connazionali presenti nella città cinese. La conferma è giunta dalla portavoce del ministero degli Esteri Maria Adebahr. “In Germania ci sono tutti gli strumenti per “riconoscere eventuali casi di infezione, isolarli e trattarli. Pensiamo di poter contrastare questa emergenza dando ai nostri connazionali le cure necessarie. Pertanto è in corso una valutazione sul loro rientro”.