Riceviamo e pubblichiamo integralmente la missiva pervenutaci da un detenuto della Casa Circondariale di Rebibbia Nuovo complesso, che ha voluto così commentare le dichiarazioni dell’ex Ministro Matteo Salvini, accompagnate da una riflessione sulla sua esperienza carceraria. I fatti denunciati dalla lettera descrivono una condizione di vita, e sarebbe più appropriato scrivere di sopravvivenza, contraria alle basilari garanzie di dignità dell’essere umano. Su quanto denunciato dalla missiva sarà nostra cura chiedere e ottenere risposta a chi di dovere: Ministro della Giustizia, Capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Capo del Provveditorato, Garante nazionale per i detenuti, Garante per i detenuti di Roma, Comandante e Direttore della Casa Circondariale.
“Egregio Matteo Salvini,
ho seguito sempre le sue vicende e lotte per affermazione e restituzione del Paese ai suoi legittimi abitanti e, a quei pochi, immigrati regolari. Fatta questa premessa giungo subito al dunque: davvero vorrebbe andare in galera?
Non so se mai accadrà e non glielo auguro davvero ma, nel caso si verificasse, penso che ne potremmo ricevere tutti una lezione, anzi una lezione magistrale. Mi spiego.
Da una parte troveremo Lei, già segretario di partito, parlamentare e ministro, che vivrà i privilegi della detenzione trattato con i guanti bianchi e i riguardi che Le si addicono. Potrebbe essere un periodo di relax dopo le battaglie politiche che l’hanno coinvolta e di disintossicazione dai social network, strumento sul quale eccelle insieme alla vocazione per le piazze d’Italia. Dall’altro lato si accorgerebbe, come altri Suoi illustri colleghi, che una volta arrivato a Rebibbia davvero nulla è come lo si immagina. Perchè il carcere, e certamente quel carcere, è ben lontano da quella gabbia a forma di vetrina che si mostra durante ispezioni e cerimonie. Lì percepirà umori strani e strazianti, che nella vita fuori dal carcere affiorano solo in atavici ricordi o film di genere. Lì, in carcere, sentirebbe tanto vociare, tanta curiosità attorno a Lei e comprenderà presto di essere osservato e quasi esposto come un animale in via d’estinzione. Perché tra le mura di Rebibbia la Repubblica Italiana assegna tale compito – il compito di sorvegliare, educare e contenere nei perimetri di un consorzio umano ogni giorno più angusto – a semplici custodi di una struttura ormai fatiscente e logora. E così tutte le chiacchiere e le idee di riforma del Ministro Bonafede, Lei ex ministro, parlamentare e segretario, le potrebbe vedere svanire o peggio mentre si infrangono contro la cruda realtà che si palesa ogni ora, immancabilmente, dal primo giorno a fine pena. Sempre che alla parola “pena” non segua la parola “mai”.
Certo all’inizio verrà circondato da una spietata corte dei miracoli composta da tutta la fauna che abita “quel posto” e, indistintamente, le verranno tutti vicino come abili e truffaldini yes-men in cambio di Sue attenzioni, piccole o grandi che siano. Successivamente – quando il senso di abbandono della lotta personale si trasformerà in tragedia silenziosa e collettiva, perchè condannato in via definitiva e obbligato a soggiornare lì, nelle patrie galere – maturerà una nuova percezione del proprio essere, constaterà la soppressione dei suoi diritti a causa del sovraffollamento, si scalderà l’acqua in un fornello da campeggio perché cercherà uno di quei confort cosi basilari e quotidiani di cui aveva dimenticato l’importanza. Passerà del tempo e Lei sentirà il bisogno di rivedere un albero, dopo che la visuale le sarà stata impedita per giorni infiniti, giorni in cui si ritroverà circondato solo da cemento e sbarre: colori tristi e deprimenti che ormai vengono usati solo nella Pubblica Amministrazione.
La parola lager indica campi di concentramento, ma spesso la vediamo usata per indicare dei canili, dove i cani vengono tenuti in piccoli spazi ristretti con l’utilizzo di ambienti precari e sporchi. Nell’era dove il Legislatore punisce anche con la galera chi maltratta gli animali, non si può ignorare la violenza che spesso domina tra li uomini, siano essi carcerati o no. Nella Capitale d’Italia, l’Istituto Penitenziario chiamato Casa Circondariale “Raffaele Cinotti” è un grande carcere dalla capienza regolamentare di 1212 detenuti. I posti regolamentari sono 1.072, poiché 140 posti sono indisponibili per opere di rifacimento. Tre mesi fa un tetto è crollato in una sala comune e l’ennesima sezione è stata chiusa per inagibilità. A fine anno i detenuti presenti nella Casa Circondariale di Rebibbia erano 1649. Non c’è bisogno di fare nessun calcolo matematico, il sovraffollamento del carcere è a livelli terzo mondo.
IL PROBLEMA SOCIALE ITALIANO
Quando si parla di carcere, la maggior parte della popolazione italiana che non è colpita neanche lontanamente da questa realtà, inveisce contro i detenuti: “carcere a vita, gettate le chiave” oppure “stanno lì dentro oziando…” e anche Lei caro Senatore pensa e dice questo. Ma la realtà è ben diversa da come s’immagina lì dentro dove molte persone vivono una condizione che al momento per Lei è solo teorica. Quel piccolo pezzetto di società, che è parte integrante della comunità, un domani tornerà alla libertà. Ma prima che accada è giusto detenere oltre 14 ore al giorno chiusi in celle, oggi chiamate camere di detenzione di circa 30 metri quadri, 6 detenuti? Le stanze di 30 metri quadri totali sono così divise: l’area servizio in cui c’è un unico lavello con acqua solo fredda per lavare stoviglie e igiene personale, una turca per i propri bisogni fisici ed un piccolo tavolino per poter scaldare gli alimenti.
“Se si stesse parlando di animali si chiamerebbe tortura”
Se mai capitasse lì imparerà sulla Sua pelle, caro Salvini, che sono assegnati meno di 2 metri quadri ciascun detenuto. Ci sono anche le celle singole dove letto, bagno e lavandino sono in un unico ambiente ed a vista dal corridoio. La temperatura d’inverno nella stanza non supera gli 8 gradi centigradi, ed anche negli spazi comuni relativi alla sola utenza detenuta, come la scuola, l’area ludica o la Biblioteca la temperatura è la medesima. Nell’ordinamento Penitenziario il Legislatore ha inserito una norma che prevede una cucina per la preparazione del vitto, ogni 250 detenuti. Nella Casa Circondariale di Rebibbia Nuovo Complesso, esiste una sola grande cucina. La grande cucina, prepara in un unico turno il vitto per circa 1.600 detenuti. Lo Stato Italia, che Lei in qualità di Parlamentare rappresenta, si vede costretto ad indennizzare i detenuti con 8 euro per ogni giorno trascorso nel carcere di Rebibbia Nuovo Complesso.
Se questo capita a Rebibbia, quindi nella Capitale, in un carcere che dovrebbe essere modello per innovazioni, proposte e trattamento, nelle altre 190 strutture penitenziarie italiane come vengono trattati gli essere umani? Teniamo a precisare che anche per statistiche (recidiva di reato e trattamento), il Carcere di Bollate è escluso.
Concludo dicendo che “la galera non deve essere augurata a nessuno ma a molti però occorrerebbe” perché può restituirci persone migliori rispetto allo specchio della società che raccoglie in essa. Nelle carceri italiane servirebbe una persona come Salvini. Forse, una volta esservi stato ospite, saprebbe davvero come gestirle, curarle e farle funzionare evitando sprechi e impedimenti quotidiani. Uno spreco di vite, soprattutto, e di denaro: un fiume in piena, e in perdita, causato da errori umani, errori giudiziari e burocrazia. Ben venga Salvini, dunque. Noi lo aspettiamo”.