Il dottor David Robertson dell’Università di Glasgow smentisce la tesi fin qui sostenuta. Non ci sono a suo parere prove del coinvolgimento di serpenti per il Coronavirus.
Arrivano nuove e interessanti teorie che riguardano la diffusione del Coronavirus. Fin dai giorni in cui è partita questa epidemia, si è subito pensato alle cause da cui ha avuto origine. L’ultima tesi è quella relativa al coinvolgimento di serpenti, considerati i veri “portatori” di questo virus. Tuttavia, dalla Scozia arriva una tesi che si oppone in maniera forte a quella fatta circolare in queste ore.
In particolare è il professor David Robertson, della University of Glasgow, a sostenere che non sono stati i serpenti a portare il Coronavirus tra gli esseri umani. Lo ha scritto su Nature, un forum di discussione specializzato e riservato a medici e virologi. Nel suo articolo si legge che non vi è alcun coinvolgimento dei serpenti nella diffusione del genoma. Bisogna ricordare che il 2019-nCoV appartiene allo stesso ceppo di virus in cui rientra quello della SARS. Questo circola soprattutto tra i pipistrelli, ma può riguardare anche altre specie animali.
Sono in molti a sospettare che l’animale che ha trasmesso il 2019-nCoV all’uomo sia ancora sconosciuto. Questo ha diffuso il virus tra gli esseri umani in un mercato di frutti di mare e animali selvatici a Wuhan, città nel frattempo messa in quarantena. Sull’articolo apparso su Nature, il professor Robertson si pone una domanda che continua a restare sospesa tra dubbi e incertezze. “L’ospite intermedio è il pezzo mancante del puzzle: come sono state contagiate tutte queste persone?“.
Robertson sostiene dunque che non possono essere i serpenti ad aver trasmesso il Coronavirus. A suo parere, infatti, vi è un errore nella lettura dei risultati delle prime analisi effettuate nei giorni scorsi. “Sulla “carta serpente” hanno correttamente rilevato che c’è una ricombinazione nel set di dati ma poi sbagliano il punto di interruzione. Non hanno prove che i serpenti possano essere infettati da questo nuovo coronavirus e fungere da ospite per esso. Occorre molto tempo prima che un animale possa infettarne un secondo in modo da alterarne in maniera significativa il genoma“.
Dunque le ricerche sull’animale che ha diffuso il 2019-nCoV potrebbero essere clamorosamente riaperte.
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