L’incredibile vicenda che nel 1996 ha coinvolto Richard Jewell sembra appassionare molti registi e creatori di serie televisive. Non a caso, infatti, dopo il film diretto da Clint Eastwood, anche la seconda stagione della serie antologica Manhunt parlerà di ciò che successe dopo l’attentato dei Giochi Olimpici di Atlanta nel 1996.
È stato un articolo pubblicato su Vanity Fair e scritto da Marie Brenner ad ispirare Clint Eastwood per il suo nuovo dedicato alla vicenda che vide Richard Jewell accusato di aver piazzato quello stesso ordigno esplosivo che prontamente denunciò durante i festeggiamenti per l’inizio dei Giochi Olimpici il 27 luglio 1996 al Centennial Olympic Park di Atlanta.
Jewell, infatti, corrispondeva al ritratto fatto dell’Fbi del possibile attentatore. Gli investigatori pensavano che lo stesso Jewell avesse piazzato la bomba per poi prendersi il merito di aver sventato l’attentato.
Richard Jewell, eroe ingiustamente accusato
Non tutti gli elementi del film di Clint Eastwood sono però fedeli a ciò che è effettivamente avvenuto nella realtà (e proprio a causa di queste semplificazioni cinematografiche il film è stato accusato di sessismo per il ritratto fatto della giornalista Kathy Scruggs interpretata da Olivia Wilde).
Anche lo stesso agente interpretato da Jon Hamm è messo in scena in maniera artificiosa, stereotipo che serve al film per comunicare l’idea di uno Stato attento ai propri cittadini solo a parole ma che invece non perde occasione per umiliare i più deboli.
L’agente Tom Shaw, con il suo collega Dan Bennett (Ian Gomez nel film), cercò di estorcere una confessione di Jewell attraverso l’inganno, dicendogli che avrebbe voluto registrare un video da utilizzare per gli addestramenti dei suoi giovani colleghi. Il film di Eastwood mostra questo avvenimento ma sceglie di non soffermarsi sulle sue conseguenze.
Nella realtà, infatti, lo stesso direttore dell’Fbi (Louis Freeh all’epoca) e altre persone in posizione di potere nella capitale, intervennero perché preoccupati dai metodi utilizzati e soprattutto convinti del fatto che l’intervista non sarebbe potuta essere utilizzata in tribunale perché ottenuta attraverso una menzogna. L’avvocato Watson intervenne per impedire che Richard Jewell cadesse nella trappola orchestrata dall’Fbi.
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Richard Jewell, il lavoro degli avvocati
Se nel film gli unici due personaggi che sostengono legalmente la battaglia di Jewell sono l’avvocato Watson Bryant, ruolo affidato a Sam Rockwell, e la sua collaboratrice Nadya (Nina Arianda), in realtà il team di professionisti che si occupò del caso fu molto più numeroso. Non furono loro due infatti ad avere l’idea di appellarsi al presidente Bill Clinton, ma due esperti di comunicazione che pensarono così di portare la stampa dalla propria parte e da quella della famiglia Jewell.
Quando Richard fu finalmente scagionato, gli avvocati chiesero il risarcimento per i danni morali e di immagine subiti dal loro cliente. La CNN, che diffuse alcune notizie diffamatorie sul conto di Jewell, pagò una somma pari a 200.000 dollari, mentre il conto per la NBC fu addirittura più salato: ben 595.000 dollari.
Si accordò per un risarcimento anche il direttore del New York Post, mentre l’Atlanta Journal-Constitution decise di spostare la battaglia nelle aule di tribunale, vincendo (il giudice riconobbe la correttezza del loro lavoro).
Richard Jewell, il triste epilogo
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Richard Jewell è morto il 29 agosto del 2007 alla giovanissima età di 44 anni a causa di complicazioni legate al diabete.
Il vero colpevole dell’attentato, Eric Robert Rudolph, fu individuato e arrestato due anni dopo. L’uomo era legato ad una setta di fondamentalisti cristiani.