Olivia Wilde è in questi giorni al cinema nel film Richard Jewell del veterano Clint Eastwood. L’attrice, dal talento versatile e spesso in grado di interpretare ruoli molto diversi tra loro, ha recentemente intrapreso la carriera da regista. E sembra promettere bene.
Recentemente Olivia Wilde è stata al centro delle polemiche che hanno riguardato il film di Clint Eastwood e in modo particolare il personaggio da lei interpretato.
Olivia Wilde, il caso Kathy Scruggs
Una polemica sollevata dall’Atlanta Journal-Constitution ha tenuto banco per diverse settimane in America arrivando persino a concretizzarsi in un’azione legale nei confronti di Warner Bros., Eastwood e dello sceneggiatore Billy Ray. Al centro del contenzioso c’è la rappresentazione cinematografica fatta da Eastwood del personaggio di Kathy Scruggs, giornalista interpretata da Olivia Wilde che fu tra le prime ad indagare sul caso che coinvolgeva la guardia di sicurezza Richard Jewell, prima celebrato come eroe e poi accusato di aver piazzato lui stesso la bomba.
In una scena del film, fortemente contestata perché considerata “totalmente inaccurata”, la Scruggs è descritta come una donna di facili costumi, disposta ad elargire favori sessuali all’agente dell’FBI Tom Shaw (Jon Hamm) in cambio di notizie sulla vicenda riguardante Jewell.
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Olivia Wilde, il suo personaggio è offensivo?
Il personaggio della Scruggs, però, è stato vittima della semplificazione narrativa del film di Eastwood e non certo di un doloso tentativo di screditare la donna che si occupò di quella vicenda (deceduta qualche anno fa). Richard Jewell infatti rende stereotipi tutti i personaggi che ruotano attorno al protagonista: lo Stato, dal volto rassicurante e squadrato di Hamm, che promette di difenderti ma in realtà fa di tutto per umiliarti, e la stampa, considerata la prima fonte di calunnie e notizie false, quindi incarnata da una giornalista senza scrupoli che mette davanti alla verità le proprie aspirazioni personali.
Ma di Olivia Wilde si è parlato molto anche in vista della prossima notte degli Oscar. Il suo primo film da regista, La rivincita delle sfigate, è stato completamente ignorato dall’Academy, ma in realtà è l’inizio di una nuova carriera che si annuncia promettente. Con un incipit che sembra la parodia di Birdman, il film della Wilde, diretto con una cura e una padronanza dei mezzi rari per una esordiente, mette in crisi la morale paternalistica secondo la quale “studiare è più importante che divertirsi, perché per quello ci sarà sempre tempo dopo”. Il film comincia pian piano a demolire queste convinzioni inizialmente sposate dalle stesse protagoniste, fino ad arrivare ad un finale sorprendente in grado di sovvertire tutto ciò che questo tipo di commedie hanno generalmente insegnato.
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Olivia Wilde, un futuro da regista
Genere, quello del party movie con protagonisti adolescenti introversi e non particolarmente popolari, che è sempre stato prevalentemente maschile: composto da film riguardanti ragazzi che non riescono ad andare a letto con le ragazze e che farebbero di tutto per essere invitati a feste dalle quali sono sistematicamente esclusi (tra i produttori del film due colonne della commedia demenziale maschile americana come Adam McKay e Will Ferrell). La rivincita delle sfigate non si limita ad inserire personaggi femminili all’interno di una storia scritta seguendo i soliti canoni (maschili, quindi), ma rilegge tutto un genere attraverso l’ottica delle ragazze.
Siamo lontani da film come Project X, al cui centro c’è l’esagerazione e la follia che conduce alla devastazione, perché il film della Wilde mette in scena invece il senso di inadeguatezza e il desiderio (giusto o meno che sia) di essere per una volta ciò che non si è mai stati.