Rita Di Majo e Claudio Furlan hanno ucciso Vito Balboni per 1900 euro

Fanno assumere ad un amico grandi quantità di psicofarmaci per stordirlo. Volevano rubargli dei soldi. Ma l’uomo, Vito Balboni, è morto dopo una lunga agonia.

Nella foto una immagine di Vito Balboni, l’uomo avvelenato

Un delitto orribile, anche se probabilmente chi lo ha commesso non voleva che finisse così. Ma Vito Balboni, 63 anni, è morto: per 1900 euro. Questa infatti è la somma che gli autori del delitto hanno prelevato dal bancomat dell’uomo.

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La tragica ed oscura vicenda si svolge in provincia di Bologna: Rita Di Majo, 49 anni e Claudio Furlan, 52, sono da poco sposati. Hanno alle spalle un passato difficile, entrambi hanno avuto problemi con la giustizia. Sono già stati entrambi in carcere, anche per reati commessi insieme. Brutti, odiosi: come far prostituire una disabile, o picchiare a sangue delle persone, o dare fuoco ad una auto parcheggiata. Ma la linea rossa dell’omicidio non l’avevano mai oltrepassata. Fino ad ora.

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Pare che non avessero intenzione di uccidere, Rita e Claudio, quando hanno versato dosi massicce di Rivotril e Nozinan – due psicofarmaci – nella birra di Vito Balboni. Volevano stordirlo e derubarlo. E così è andata: dopo aver lasciato l’uomo privo di sensi in macchina, i due sono andati a prelevare 1900 euro con il suo bancomat. Ma Balboni non era semplicemente stordito. La testa reclinata, il volto cianotico, l’uomo stava morendo. La sua agonia, secondo gli inquirenti, è durata ore. Forse un giorno. Il suo cadavere è stato ritrovato dopo sei giorni. All’inizio i carabinieri pensarono ad un decesso per cause naturali, ma qualcosa non tornava.

Claudio Forlan e Rita Di Majo, la coppia accusata dell’omicidio

Verifiche più approfondite scoprirono l’avvelenamento: da lì è scattata l’indagine, che ha portato alla scoperta decisiva: dal conto di Balboni erano stati prelevati quasi duemila euro nel lasso di tempo in cui lui agonizzava. Ad incastrare la coppia di criminali sono state le immagini delle telecamere di sicurezza della banca. Gli elementi di prova, poi, sono emersi piano piano: Rita Di Majo si era fatta prescrivere i farmaci qualche giorno prima. Ma la cosa più inquietante è un precedente, quasi identico ma con esito diverso: la donna aveva scontato tre anni e mezzo di carcere per aver narcotizzato, sequestrato e rapinato un rappresentante di elettrodomestici, che aveva avuto la sfortuna di presentarsi alla porta della casa dove la Di Majo stava scontando degli arresti domiciliari. Quella volta, alla sfortunata vittima, era andata bene:non era morto. Questa volta è andata diversamente: per la coppia è scattata l’accusa di omicidio preterintenzionale, rapina pluriaggravata e indebito utilizzo di carte di pagamento.

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