Multa milionaria alla Lidl: “Consumatori ingannati sull’origine della pasta”

La catena tedesca di supermercati Lidl è stata multata di un milione di euro per aver diffuso informazioni fuorvianti sull’origine della pasta. Le diciture ‘Specialità italiana’ e ‘Prodotto in Italia’ sulle confezioni risultano ingannevoli.

Lidl multata per pubblicità ingannevole

I consumatori sono stati ingannati dalla Lidl che non ha spiegato correttamente l’origine della pasta venduta ai clienti. “Lidl – ha sostenuto l’Antitrust – ha utilizzato negli ultimi 30 mesi semola ottenuta da miscele di grani duri provenienti sia dai paesi Ue che non Ue, in cui quello italiano rappresentava in media una quota del 40%”. Pubblicità ingannevole, dunque? “Il procedimento – scrive ancora l’Antitrust – concerne i comportamenti posti in essere dal professionista, consistenti nella promozione e commercializzazione nei punti vendita Lidl e mediante il sito internet www.lidl.it, delle proprie linee di pasta di semola di grano duro a marchio ‘Italiamo’ e ‘Combino’, mediante confezioni che rappresentano in maniera ingannevole le caratteristiche di tale pasta, enfatizzando sulla parte frontale l’italianità del prodotto, in assenza di adeguate e contestuali indicazioni sull’origine anche estera del grano duro impiegato nella produzione della pasta”.

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Complessivamente l’Antitrust ha concluso cinque procedimenti riguardanti informazioni fuorvianti sull’origine del grano duro usato nella produzione di pasta di semola di grano duro. Le informazioni sono state diffuse attraverso le etichette e i siti aziendali di Divella (marchio Divella), F.lli De Cecco di FilippoFara San Martino (marchio De Cecco), Lidl Italia (marchi Italiamo e Combino), Margherita Distribuzione (ex Auchan Spa, marchio Passioni), e Pastificio Artigiano Cav, Giuseppe Cocco (marchio Cav Giuseppe Cocco).

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La multa milionaria per pratica commerciale scorretta, tuttavia, è stata adottata solo nei confronti della Lidl che non ha collaborato nel corso della procedura istruttoria. “Lidl – sostiene l’autorità – ha utilizzato negli ultimi 30 mesi semola ottenuta da miscele di grani duri provenienti sia dai paesi Ue che non Ue, in cui quello italiano rappresentava in media una quota del 40%”, Quindi, quelle diciture “Specialità italiana” e “Prodotto in Italia”, sulle confezioni risultano ingannevoli.

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