A Firenze, sette persone di origine africana avrebbero favorito il rilascio di permessi di soggiorno raggirando gli addetti all’anagrafe e all’ufficio immigrazione, presentando documentazioni false.
Siamo a Firenze, dove 7 persone sono state rinviate a giudizio dal gup Gianluca Mancuso dopo un’inchiesta della Dda che ha smascherato un meccanismo di false attestazioni per ottenere permessi di soggiorno per motivi umanitari e per consentire gli spostamenti sul territorio europeo.
Gli imputati sono cinque uomini e una donna della Somalia e un uomo del Sudan, accusati di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e falsità materiale. La prima udienza è stata fissata per il 3 febbraio.
Le indagini sono stante condotte dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Firenze, coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica. A seguito delle loro operazioni, è stato evidenziato come diversi cittadini somali, già presenti in Italia ma intenzionati al rilascio o al rinnovo del loro permesso di soggiorno o titolo di viaggio, erano entrati in contatto con un nucleo di Firenze composto da 7 persone.
Questi, ora tutti imputati e rinviati a giudizio, sarebbero sei cittadini somali e un sudanese di età compresa tra i 27 e 57 anni. Il gruppo forniva ai rifugiati la documentazione necessaria per attestare, falsamente, una sistemazione alloggiativa in provincia di Firenze, da presentare all’Ufficio Immigrazione per richiedere il documento di soggiorno.
In realtà, però, i rifugiati risiedevano in stabili occupati, tra i quali risulterebbe anche l’edificio di via Spaventa che venne occupato a gennaio 2017 da alcuni cittadini somali. Gli stessi cittadini che, in precedenza, vivevano in un capannone poi distrutto da un incendio – episodio che provocò la morte di un 44enne loro connazionale.
Nella maggior parte dei casi, poi, i rifugiati venivano indirizzati per i pasti nei vari centri Caritas della città, e impiegati in servizi di varia necessità da parte degli stessi connazionali che stavano gestendo per loro pratica.
Tra tutti i membri del nucleo fiorentino, è risultata di particolare la posizione di una 57enne somala, titolare di tre negozi nel centro città e in un punto di passaggio strategico per le comunità straniere, in un quartiere con elevata presenza e frequentazione di cittadini di etnia somala.
Secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, sarebbe stata proprio la donna a vestire un ruolo centrale, poiché forniva indicazioni ai rifugiati sul dove farsi trovare dai funzionari dei Comuni per fingere di avere la residenza negli appartamenti della provincia di Firenze (nello specifico in zona Reggello, Figline, Fiesole e nel centro storico di Firenze) indicati dai documenti falsi in preparazione.
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