Bergoglio e Ratzinger archiviano la polemica, ma il pontefice incalza. “Dobbiamo conoscere meglio la civiltà moderna”, dichiara Papa Francesco.
Ci pensa direttamente papa Francesco a chiudere uno dei casi più spinosi tra quelli recenti in ambito ecclesiastico. Stiamo parlando del celibato per i preti, che aveva messo contro gli ultimi due pontefici in carica. Da una parte lo stesso Bergoglio, dall’altra il suo predecessore Joseph Ratzinger. Ma alla fine, papa Francesco ha fatto capire che non ci sono discussioni in atto tra i due papi.
Lo ha fatto durante una chiacchierata con Eugenio Scalfari, pubblicata stamani su Repubblica. Il direttore del quotidiano ha fatto sapere che il tedesco non si è schierato contro il cardinale Sarah. Al tempo stesso Ratzinger non ha mai dato il via libera a far scrivere un libro contro le sue tesi. In ogni caso, papa Francesco ha voluto ribadire che non è assurdo il fatto che ci siano schieramenti contrapposti, specie in casi così delicati. “C’è sempre qualcuno contrario in un’organizzazione che abbraccia centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. La presenza di oppositori è da considerare un fenomeno abbastanza normale in strutture del genere“.
Dunque nessuno scontro e nessuna polemica, ma solo la constatazione di essere su due correnti di pensiero diametralmente opposte. Papa Francesco però prosegue parlando della necessità, da parte della Chiesa, di aggiornarsi. “Sono mosso dal desiderio di una sopravvivenza attiva della nostra Chiesa, di aggiornare il nostro spirito collettivo alla società civile e moderna. Le religioni, e non soltanto quella cattolico-cristiana debbono conoscere molto bene e nella sua profondità culturale, spirituale, attiva, la società moderna. Una modernità che comincia quattro o cinque secoli prima di ora“.
Bergoglio parla anche del tema delle migrazioni, tema a lui molto caro. “Si tratta di popoli che cercano in giro nel mondo luoghi e società in grado di ospitarli. In questo modo i popoli della nostra specie tendono a creare un popolo nuovo dove le qualità e i difetti dei popoli originari concorrono a produrne uno che si spera sia migliore“.