Avviato il processo ai 4 imputati di origine africana accusati di violenza e della morte della giovane Desirèe Mariottini, uccisa a Roma nel 2018. Il processo si terrà a porte chiuse.
Si tratterà di un processo a porte chiuse, quello avviato a carico di 4 persone, i cittadini africani accusati della morte della 16enne Desirèe Mariottini, violentata e uccisa il 19 ottobre del 2018 a Roma. A deciderlo sono stati i giudici della terza Corte d’Assise in relazione a una richiesta avanzata dalla Procura, sulla base dell’età ragazza e del fatto che nel procedimento è contestato anche il reato di violenza sessuale.
Nella prossima udienza, quella che avrà luogo venerdì 17 gennaio, si comincerà con la deposizione del dirigente del commissariato di San Lorenzo, il primo testimone della procura.
Il processo, nell’aula bunker di Rebibbia, sarà lontano sia dal pubblico che dagli occhi indiscreti delle telecamere. I 4 imputati coinvolti sono tutti di origine africana, ovvero Alinno Chima, Mamadou Gara, Yussef Salia e Brian Minteh. Le accuse che pendono sulla loro testa sono quelle di omicidio volontario, violenza sessuale aggravata e cessione di stupefacenti a minori.
Contro di loro sarebbero state raccolte le testimonianze di alcune persone (molte depositate da alcuni senza fissa dimora) che hanno assistito alla violenza sessuale di gruppo. Tra queste, Narcisa Leon, una tossicodipendente di origine equadoregna, e Muriel Kafusa, colui che in prima persona aveva provveduto a rivestire il corpo di Desirèe dopo averla ritrovata sdraiata, nuda, sopra un un giaciglio di fortuna.
Inoltre, vicino al corpo della 16enne (sopra quello che è stata definita come una sorta di mensola) erano state rinvenute una confezione di Quentiax 300mg, un antipsicotico dibenozodiazepinico, una scatola di Tolep a base di oxcarbazepina e due confezioni di Ariprazolo Focus 10 mg, altro antipsicotico.
Un mix di sostanze, questo, composto dunque da “gocce, metadone, tranquillanti e pasticche”, somministrato alla 16enne dagli spacciatori. Gli stessi che poi, in seguito, l’hanno stuprata a turno e l’hanno lasciata morire all’interno del capannone nel quartiere romano di San Lorenzo.
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