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Cinema

Eyes, Maria Laura Moraci ci parla del suo corto sulla violenza e l’indifferenza

Vincitore del Nastro d’Argento come Miglior Corto nel 2019, Eyes è stato ideato, realizzato e interpretato da Maria Laura Moraci. Di seguito la nostra intervista alla giovane cineasta.

Diplomatasi in un liceo classico di Frascati, di origine romano-sicula e grande appassionata di quasi ogni espressione artistica – dalla danza alla recitazione, passando per la fotografia – Maria Laura Moraci fa il suo debutto alla regia con il corto Eyes.
Un’opera di denuncia e di impegno sociale, che non passa di certo inosservata. Non a caso vince il Nastro d’Argento e viene candidato ai David di Donatello come Miglior Corto.

Maria Laura Moraci, l’intervista all’ideatrice del corto Eyes

Sappiamo da dove nasce l’idea o meglio l’esigenza di realizzare questo progetto, ma da dove proviene invece la scelta, geniale a mio avviso, di mostrare degli occhi dipinti?

La scelta di mostrare gli occhi dipinti,, aperti su palpebre chiuse, mi sembrava la metafora ideale per indicare chi guarda senza vedere veramente. L’idea è arrivata in classe di recitazione, alla YD’Actors, a Francesca Aledda, Elisa Fois e a me, mentre lavoravamo sul sensoriale della vista. Loro due poi hanno anche recitato nel corto, facendo due delle nove protagoniste.

Che tipo di lavoro hai fatto sulla musica di Eyes?

Le musiche le avevo decise già prima di girare e ho dovuto farle riarrangiare e registrare in uno studio da Giacomo Vitullo. I cantanti delle cover sono Jacqueline Maria Ferry e David Ambrosini. Solo una canzone è originale e ce l’hanno concessa i Management.

Oltre all’attualità che ti circonda, che tipo di riferimenti tieni in conto quando realizzi un’opera?

Davvero non saprei. Sicuramente sono punti di riferimento i film di tutti i Maestri del cinema, anche quelli di generi diversi.

Un progetto che sogni di realizzare quanto prima?

Ho finito di scrivere un lungometraggio dal titolo Mani. A breve lo proporrò a un produttore. Forse può essere anche una miniserie in due puntate.

Cosa hai imparato durante la realizzazione di Eyes? E qual è il ricordo più importante che conservi dell’esperienza?

Da Eyes ho imparato che nulla è impossibile se ci credi e se lotti fino alla fine con sacrificio e determinazione. Sarà banale ma è così. È un corto autoprodotto e girato in meno di 24 ore, anche se la pre e post produzione sono state super pensate nei minimi dettagli e faticose.

Maria Laura Moraci e la collaborazione con Ciprì e Baracca

Mai avrei immaginato che due Maestri come Daniele Ciprì e Andrea Baracca (Red) accettassero di curarne rispettivamente la fotografia e la color. Gli sarò per sempre grata ed è stato un sogno. E ancora più un sogno è stato vincere i Corti D’Argento, dove erano nella nostra cinquina grandi nomi come Brando De Sica e Rolando Ravello. Era impossibile per noi ma è successo.

Leggi anche: Migranti, nuovo appello del Papa | “No ad indifferenza e disumanità”

Maria Laura Moraci dedica il corto a Niccolò Ciatti

Per noi già essere arrivati in cinquina era una vittoria, ma la soddisfazione più bella di Eyes è il fatto che il padre di Niccolò Ciatti, il ragazzo a cui è dedicato, lo abbia visto e apprezzato, ringraziandoci per averlo fatto. E così anche altre persone che lo conoscevano. Niccolò poteva essere chiunque di noi. Poteva essere nostro fratello, amico, ragazzo, cugino, figlio.

Potevamo essere noi stessi ed è assurdo che sia stato pestato a morte da tre bestie nell’indifferenza generale, in una discoteca dove nessuno ha chiamato gli addetti alla sicurezza e la polizia. Ma soprattutto dove nessuno è intervenuto e, peggio, c’è stato chi ha ripreso col cellulare come se fosse uno spettacolo, non distinguendo più la realtà dalla finzione.

Niccolò sarebbe dovuto tornare in Italia il giorno dopo, ma è morto lì in quella discoteca, a Lloret De Mar, e spero vivamente che paghino tutti e tre i ceceni, perchè per ora in carcere c’è solo quello che ha sferrato il calcio fatale, mentre gli altri due sono liberi pur avendo partecipato. E anzi uno di questi l’ha persino iniziata l’aggressione. Ci tengo a dire che non era una rissa. Anzi più che aggressione sarebbe ancora più corretto chiamarla esecuzione, dato che erano dei paramilitari che si muovevano come fossero in missione.

Leggi anche: Morte di Stefano Cucchi, ecco la sentenza: nessuna condanna per il pestaggio

Per me però anche chi guarda è complice. Bisogna agire. Sempre.

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