In Francia da quest’anno l’Agenzia delle Entrate potrà effettuare dei controlli più serrati sui social. Dal 2016 anche in Italia vige una norma che consente qualcosa di simile: ecco in che termini.
La caccia ai furbetti non è più solo sui conti correnti e le operazioni bancarie, ora si estende anche agli account sui social, in modo da poter individuare gli evasori anche tramite mezzi online.
Questo sta accadendo in Francia, da quando il Consiglio Costituzionale ha dato l’ok alla normativa 154 compresa nella Legge di Bilancio 2020 per consentire all’Agenzia delle Entrate di utilizzare big data e inserire algoritmi per la scansione delle piattaforme social così da individuare irregolarità fiscali.
Il ministro dei Conti pubblici Gèrald Darmanin ha così annunciato a fine dicembre su Twitter il via ai nuovi controlli del Fisco sui social network.
Basandosi sulle nuove norme, i funzionari doganali e fiscali avranno il nulla osta a studiare i vari profili degli utenti e utilizzarli per individuare indizi su redditi non dichiarati.
I nuovi controlli del Fisco sugli account social dei vari contribuenti hanno già avuto grande eco in Francia. Questa novità non interessa l’Italia, dove comunque è già in vigore un metodo simile dal 2016.
Il ministro ha definito i nuovi provvedimenti come strumenti in più per la lotta all’evasione fiscale. “Se dici che non sei residente fiscale in Francia ma continui a pubblicare foto su Instagram dalla Francia, potrebbe esserci un problema”, ha riferito al quotidiano francese Le Figaro.
Queste nuove direttive sono state però causa di preoccupazioni tra i gruppi di tutela per dei diritti e dei consumatori, e anche l’autorità francese per la salvaguardia dei dati non avrebbe accolto a braccia aperte il nuovo sistema.
Il tribunale ha ammesso che i dati personali e la libertà di espressione di chi utilizza i social sarebbero potuti essere compromessi, assicurando però che le autorità si faranno garanti che i contenuti protetti da password vengano rispettati e che siano accessibili solamente i dati resi pubblici e divulgati dagli stessi utenti sui propri profili.
Come chiarificato nella circolare n.16/E risalente al 28 aprile 2016, in Italia per il controllo dell’evasione fiscale, l’Agenzia delle Entrate è autorizzata ad accedere ai dati che provengono, oltre che da banche dati, anche da fonti aperte.
Si parla quindi di articoli di giornale, siti web, social network, così da poter attingere a relazioni più dettagliate sui contribuenti e quindi eventualmente venire a conoscenza di irregolarità tra la vita conosciuta al fisco e quella che invece appare su Facebook o Instagram.
In Italia è consuetudine, per l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza, utilizzare i social media per venire a conoscenza di fenomeni di evasione fiscale ma anche ad esempio di prove quando si tratta di cause di divorzio (quando il coniuge nega il mantenimento per dichiarati impedimenti economici che non possono corrispondere al tenore di vita mostrato sui social, per fare un esempio).
Ad oggi ciò che differenza l’Italia con la Francia è che nel nostro Paese il ricorso alle informazioni tratte dai social per supportare le indagini si effettua solo quando queste ultime sono già avviate, mentre Oltralpe scandagliare i social network per individuare i furbetti può avvenire in automatico come spunto investigativo.
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