In onda ogni venerdì su Sky Atlantic, la nuova serie di Paolo Sorrentino, The New Pope, sembra avere un tono molto diverso dalla stagione precedente. Ecco la nostra recensione.
The New Pope, seguito della fortunata prima stagione firmata da Paolo Sorrentino, sembra suggerire un approccio radicalmente diverso del regista allo stesso materiale.
Merito di questo cambio di rotta è anche del nuovo personaggio interpretato da John Malkovich, attore che possiede un modo di stare sullo schermo e di utilizzare il suo fascino molto diverso da quello che abbiamo imparato a conoscere con il Papa di Jude Law.
Se il primo episodio di The New Pope ha una trama da commedia (viene eletto “per sbaglio” un Papa idealista, parodia da bagaglino di Bergoglio, e nel giro di pochissimo viene fatto fuori), lo svolgimento dello stesso è molto più serio di quanto ci si potrebbe aspettare. Sorrentino, dopo il tono comico e carnevalesco del suo precedente film su Silvio Berlusconi, adesso osserva gli eventi di The New Pope attraverso uno sguardo meno sardonico.
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Non mancano ovviamente momenti di “ironia sorrentiniana”, battute di spirito e il classico gusto per le situazioni grottesche, eppure stavolta sembra che tutte le scene scritte e pensate per essere “serie” non vengano smorzate costantemente dalla necessità di strappare una risata. Così anche il nuovo Papa ha un modo di essere ambizioso e arrogante opposto a quello di Pio XIII (e forse meno sincero).
La decisione di scegliere Malkovich per Papa Giovanni Paolo III è perfetta: un attore iconico, immediatamente riconoscibile dal grande pubblico e con una propria personalità ben definita, utilizzato per un personaggio in realtà fragile e molto insicuro.
Malkovich si cala nei panni del nuovo pontefice senza rinunciare al suo stile ormai codificato (nel primo colloquio con Voiello è in grado di assumere una postura apparentemente scomodissima e innaturale), ma sfruttando proprio quel suo stile unico per raggiungere obiettivi diversi da quelli che gli venivano richiesti dagli altri registi che lo avevano diretto in passato.
Le prediche e i rimproveri che Lenny Belardo dispensava, anche fastidiosamente, a tutte le persone che gli ruotavano attorno, adesso Papa Giovanni Paolo III le rivolge a se stesso. Eppure tutte le scene di autocritica, grazie alla bravura di Sorrentino, non sembreranno mai oneste, ma frutto di quello stesso egocentrismo esasperato che già caratterizzava il personaggio di Jude Law, ma che Malkovich riesce a rendere su schermo con tonti decisamente nuovi.
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Malkovich ovviamente non punta tutto sulla bellezza e sulla presenza fisica (come invece faceva Law), ma usa il suo magnetismo come arma per creare nuovi fedeli a lui devoti. Anche la mano di Sorrentino sembra essere più ferma e il suo celebre (e spesso esasperato) formalismo attenuato.
Le inquadrature sono al servizio della narrazione e mai viceversa, senza per questo rinunciare a quelle immagini suggestive che da sempre sono la cifra stilistica del regista italiano. Quella dei genitori di John Malkovich, entrambi costretti sulla sedia a rotelle, che fissano per diverse ore, ogni giorno, le foto dei loro figli, rimarrà senza dubbio nella mente di molti spettatori.
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