In onda dal 13 gennaio su Rai 1, La guerra è finita è la serie tv in quattro puntate diretta da Michele Soavi, con Michele Riondino e Isabella Ragonese come protagonisti, ambientata nel 1945, dopo la Liberazione dai campi di sterminio.
Il 27 Gennaio si celebra il Giorno della Memoria ed è forse questo il motivo per cui la Rai sceglie questo mese per mandare in onda la serie in quattro puntate – dal 13 gennaio in prima visione su Rai 1 – dal titolo La guerra è finita, diretta da Michele Soavi ed interpretata da Michele Riondino e Isabella Ragonese (che tornano a dividere la scena undici anni dopo il delizioso Dieci inverni).
Siamo nell’Aprile del 1945, a pochi mesi dalla Liberazione, durante i quali i sopravvissuti fanno ritorno a casa, per chi ancora la possiede e/o ritrova, e a una sorta di esistenza che possa ridare loro l’umanità persa nei campi di concentramento.
Riondino interpreta Davide, un giovane uomo segnato dalla perdita della moglie e del figlio, portatigli via dalle SS mentre era lontano e sulle cui tracce si muove, di azione in azione, alla ricerca di una riunione che possa portare un briciolo di felicità; dall’altra parte la Ragonese, nei panni di Giulia, figlia di un ex collaboratore nazista ed apparentemente ignara degli orrori della guerra.
L’incontro tra i due avviene per caso (o per destino) e permette alla storia di svilupparsi, tra flashback e racconti verbali, conducendo lo spettatore ad addentrarvisi in maniera graduale, interessata e sempre più toccante.
Soavi, forte della sua esperienza nel genere horror, mette a disposizione del progetto le sue abilità, facendo sì che l’atmosfera si riveli uno dei punti di forza, dal punto di vista registico, de La guerra è finita: la nebbia che pervade i ricordi, che ne permea ogni più intima fibra e arriva fin quasi alle ossa, prima che al cuore, dei protagonisti, cela solo in parte le brutture e la crudeltà che hanno preso luogo nei Lager.
Il fango e la pioggia si aggiungono spesso, in quanto elementi di scena, a rafforzare l’impossibilità di raggiungere l’obiettivo prefissatosi, ostacoli naturali alla più semplice riuscita di quasi ogni gesto. Innescate da semplici ma simbolici oggetti – vedi il piccolo carillon tra le mani di Davide – le rievocazioni del passato servono a descrivere più dettagliatamente le personalità di ciascun personaggio, in bilico tra bisogno di giustizia e sete di vendetta, tra senso di colpa e vergogna, tra rassegnazione e desiderio di riscatto.
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A sostenere tutto ciò, il talento di Sandro Petraglia che immortala l’ennesimo spaccato storico e sociale nel modo che conosce e conosciamo, donandogli una nuova luce e, con essa, un valore aggiunto e prezioso: senza mai forzare la mano, ma lasciando che siano i fatti a parlare, la sceneggiatura presenta un quadro che più chiaro non si potrebbe. Da un lato il Nazismo, dall’altro la Resistenza, ma attenzione perché non è sempre così netto il confine tra Bene e Male.
Per questo c’è anche chi, all’interno del gruppo di giovani protagonisti, sceglie una strada diversa, poco “pulita”, meno condivisibile forse ma non per questo giudicabile da chi quell’esperienza non l’ha mai provata sulla propria pelle.
Sono quindi i bambini e i ragazzi ad indirizzare lo sguardo e le sensazioni del pubblico, che tramite loro interpreta (o almeno tenta di interpretare) le situazioni che si succedono via via, dalle più terribili alle più leggere. L’infanzia rubata, l’innata voglia di giocare, le prime infatuazioni amorose, la necessità di adulti come riferimento e di cui fidarsi, sono solo alcune delle suggestioni sollevate in tale discorso. Di quest’ultima ne è un caso esemplare il rapporto che si crea tra Davide e il piccolo Giovanni, andando a sopperire a una dolorosa mancanza in entrambi.
La musica, a cura di Ralf Hildenbeutel, suggella il tutto, con un’efficace alternanza di note poetiche, delicate o dal ritmo sostenuto a seconda delle immagini che accompagnano. In qualche modo ispirato da La tregua di Primo Levi e spinto da un’atavica volontà di non dimenticare e di muovere al risveglio delle coscienze, spingendo a riflettere e a porre attenzione a ciò che ci circonda, che non è altro se non figlio di quel tragico passato, Soavi confeziona una serie di buon livello e di grandissima importanza.
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