Judy, il nuovo film con Renée Zellweger nei panni dell’iconica attrice e cantante Judy Garland è al cinema dal 30 Gennaio. Scopriamo insieme altri film che hanno raccontato donne di successo sul grande schermo.
Judy Garland è famosa in tutto il mondo per essere stata da giovanissima la Dorothy de Il Mago di Oz. Ma Judy è solo l’ultimo di una serie di film dedicati a importanti figure femminili che hanno lasciato il segno nella storia.
Con il suo biopic dedicato alla figura di Elisabetta II, Stephen Frears è riuscito ad inserire il suo “cinema di ribellione” all’interno di un contesto molto rigido come quello del period drama, che si regge principalmente sulla minuziosa ricostruzione storica delle ambientazioni e sulla formidabile interpretazione di Helen Mirren. Anche The Queen, come i suoi esordi cinematografici, parla in realtà delle diverse forme possibili di ribellione all’autorità.
Elisabetta II è qualcosa di estraneo alla monarchia, un alieno costretto ad abitare in un mondo che non le somiglia. Per farcelo capire, Frears utilizza principalmente i volti e corpi dei comprimari che ruotano attorno alla regina. Dal modo di muoversi e di parlare capiamo la differenza che passa tra loro e la protagonista del racconto.
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Sotto la confezione da biopic molto classico, il film del 2011 diretto da Phyllida Lloyd nasconde un motivo di grande interesse (oltre all’impeccabile prova attoriale di Meryl Streep, meritata vincitrice dell’oscar come miglior attrice protagonista). Nonostante infatti la sceneggiatura parecchio timida, incapace di restituire tutta l’ambiguità del personaggio, il ritratto che viene fuori di Margaret Thatcher non è positivo come ci si aspetterebbe da un film che invece fa di tutto per metterla sotto una buona luce.
Tutte le cose positive che capitano sotto il suo governo sembrano essere dovute a fortunate contingenze e mai a particolari meriti personali. E persino la sua leggendaria “forza” femminile sembra in realtà dipendere principalmente da due uomini: padre e marito. Pur con i suoi molti difetti, The Iron Lady resta un film che vale la pena vedere anche solo per rendersi conto di quanto sia cambiato il modo di rappresentare le figure femminili al cinema in pochissimi anni.
La prima (e per adesso unica) incursione americana di Pablo Larraín è uno strano biopic che trova la propria forza nelle minuscole ossessioni del suo autore: dalle enormi stanze vuote ai cimeli di un passato svuotato di senso. La telecamera indugia sui tessuti eleganti e costosi che vestono il corpo della first lady: è un tailleur che separa la donna dalla sua immagine pubblica, che segna la linea di divisione fra “Jacqueline”e “Jackie”.
La narrazione scorre lineare (strano per un regista che invece si è sempre dimostrato unico) ma l’interpretazione di Natalie Portman emerge grazie a tutto ciò che le è stato costruito attorno. Nonostante la quasi totale assenza di uno dei tratti caratteristici del cinema di Larraín, ovvero la sua insolenza, il risultato è comunque un racconto magnetico e affascinante della vera monarchia (mancata) degli Stati Uniti di America.
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Il recente Maria Regina di Scozia, firmato dalla regista Josie Rourke, non è interessato all’accuratezza storica, ma vuole invece riflettere sulla complessità della Gran Bretagna contemporanea, quella multietnica e multiculturale degli ultimi anni. Proprio questa sua aderenza all’attualità (e non al periodo storico di riferimento) mette lo spettatore nella condizione migliore per immergersi in un setting che altrimenti percepirebbe come fittizio.
Ad interpretare la consigliera di Elisabetta I d’Inghilterra c’è Gemma Chan, ex modella di origini cinesi, l’attore di colore Adrian Lester nei panni dell’ambasciatore Lord Thomas Randolph ed infine il portoricano Ismael Cruz Córdova nel ruolo di un fedelissimo di Maria. Il film della Rourke non solo mette a confronto due diverse concezioni del potere, ma anche due diversi modi di intendere la propria femminilità grazie alla bravura di due attrici come Margot Robbie e Saoirse Ronan.
La Christa Päffgen di Nico, 1988 non assomiglia alla musa di Andy Warhol, né alla femme fatale bionda che cantava Lou Reed, ma ad una signora di mezza età precocemente sfiorita di quelle un po’ in sovrappeso e con la sigaretta sempre accesa sulla punta delle labbra. C’è una poesia straziante nella storia della “sacerdotessa delle tenebre” dei The Velvet Underground che quasi scappa con disprezzo da un successo che non sente suo per essere la Christa dei concerti gratuiti in piazza ad Anzio.
Nelle spaghettate in piena notte non c’è solo decadenza, ma anche una dolce anarchia ed una vitalità che, se non è più quella del fervore artistico degli anni ’70, è quella di chi si aggrappa a ciò che resta di appartamenti scalcinati e di club ai margini delle città. Susanna Nicchiarelli segue Nico sul palco per mostrare agli spettatori che il suo non è ancora quel “cuore vuoto” che dà il nome ad una delle sue canzoni più celebri.
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