Anche i detenuti devono lavorare. Per alcuni dei più noti assassini, allora, sono stati assegnati dei posti di lavoro in carcere, attività facenti comunque parte del loro percorso di rieducazione.
Se spesso ci si domanda cosa fanno in carcere quei detenuti più “famosi” per notorietà di cronaca, e dichiarati dalla giustizia italiana colpevoli di reati gravi, arriva ora la risposta: lavorano. E come quanto avviene per le persone dalla fedina penale pulita, anche il loro servizio (che non ha carattere afflittivo) è remunerato.
Questo perché l’articolo 15 dell’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 26 luglio 1975) identifica espressamente il lavoro come elemento fondamentale del trattamento rieducativo dei detenuti, tanto che l’organizzazione e i metodi di lavoro per detenuti devono rispecchiare quelli della società libera.
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Cosa fanno i detenuti in carcere
Alberto Stasi, responsabile dell’omicidio di Garlasco (verificatosi nel 2007) in cui è rimasta vittima la fidanzata Chiara Poggi, lavora oggi come centralinista, al call center di una nota compagnia telefonica nel carcere di Bollate. La compagnia, infatti, ha stipulato una convenzione con la “Bee4 altre menti”, impresa sociale fondata nel 2013 che offre opportunità di riscatto alle persone che hanno incontrato il carcere.
Nello stesso penitenziario di Stasi, inoltre, troviamo pure Massimo Bossetti, condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio (avvenuto nel 2010). Il detenuto è ad oggi alle prese con la rigenerazione di vecchie macchine da bar per caffè espresso, ormai rovinate.
Anche i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo per la strage di Erba nel dicembre 2006, sono diventati dei detenuti-lavoratori. Olindo si è messo ai fornelli, lavorando come cuoco nel centro clinico del carcere di Milano-Opera. L’ex compagna Rosa, invece, lavora come inserviente nella casa di reclusione di Bollate, ma anche è impegnata nella creazione di borse e accessori di cuoio per una cooperativa che sostiene progetti a sostegno dei diritti minorili in Africa.
Cosima Serrano Misseri e la figlia Sabrina Misseri, ergastolane anche loro nella casa circondariale di Taranto per via dell’omicidio di Sarah Scazzi, svolgono invece attività di volontariato per la sartoria istituita nella sezione femminile.
E ancora, Salvatore Parolisi, condannato per l’omicidio della moglie Melania Rea, sta effettuando un stage per essere inserito nello stesso call center nel quale lavora Stasi. Michele Buoninconti, condannato per l’omicidio della moglie Elena Ceste, è invece tutor universitario nel carcere di Alghero, oltre che figura di sostegno per altri detenuti-studenti. Manuel Winston, domestico filippino che ucciso la contessa Alberica Filo delle Torre, fa il cuoco nel carcere di Rebibbia.