Violentata ripetutamente e uccisa a Caivano ormai 6 anni fa, la piccola Fortuna Loffredo avrebbe compiuto oggi 12 anni. Di lei i media si sono dimenticati spesso, così come della sua tragica storia.
Fortuna Loffredo, soprannominata Chicca, è stata uccisa nel 2014 a Caivano (Napoli), all’età di soli 6 anni, dopo essere precipitata da un palazzo di otto piani. Oggi, 8 dicembre 2020, la piccola avrebbe compiuto 12 anni, se non fosse stata schiacciata dal peso di un mondo fatto di orchi e di violenza.
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Un’infanzia fatta di violenza
Fortuna Loffredo, uccisa a 6 anni in un rione ghetto nella periferia nord di Napoli, ha trascorso gli anni della sua infanzia dentro delle mura che, invece di proteggerla e darle calore famigliare, l’hanno violentata e umiliata per almeno un anno.
Fino a quando non è precipitata dal sesto piano di un palazzo di otto, in un salto nel vuoto profondo 10 metri. Una torre, quella in cui viveva, situata nel rione Parco Verde, in mezzo a quella sezione di case abusive e occupate, anche da cittadini nomadi di etnia rom, in un agglomerato di fabbricati eretto davanti le costruzioni date ai terremotati dell’Ottanta.
Un destino, il suo, portato a compimento da Raimondo Caputo, oggi in carcere con la condanna all‘ergastolo, che per mesi l’ha violata, e poi gettata di sotto. Un orco, del quale la Corte d’Assise d’Appello di Napoli ha sottolineato l'”inequivocabile colpevolezza” e una sua “personale e insondabile malvagità“.
La conseguenza delle violenze: Chicca era incontinente
Gravi le ripercussioni sulla psiche e il fisico minuto di Chicca, a seguito dell’inferno che era costretta a sopportare. Fortuna aveva difficoltà a parlare, a esprimersi. Sua madre la faceva curare in un centro riabilitativo di Lusciano, per via di alcuni disturbi del comportamento e dello sviluppo.
La piccola sporcava ancora le mutandine, poiché soffriva di incontinenza: una gravosa conseguenza alle numerose violenze subite nel corso del tempo. Stava molto male Fortuna: non riusciva a raccontare quello che le accadeva, ma né le maestre né la famiglia hanno mai tentato di approfondire quel suo profondo malessere.
Fino a quando la morte non se l’è portata via. Fino a quando le mani di quell’uomo, di quell’orco che le ha strappato l’infanzia a forza di abusi, non l’hanno toccata per l’ultima volta: facendola cadere nel vuoto, in una caduta rovinosa che l’ha inghiottita per sempre.