Paragone: “Ho conferito il mandato al mio avvocato, Eugenio Piccolo. E Lorenzo Borrè (legale degli espulsi pentastellati) ci darà una mano molto volentieri”.
Gianluigi Paragone non si risparmia e pur di vincere la sua battaglia contro il M5S che lo ha espulso a Capodanno, ingaggia un altro avvocato, e non è un avvocato qualunque, ma è il legale storico degli espulsi. Lorenzo Borrè nel 2016 fece reintegrare venti espulsi napoletani, e costrinse Grillo a modificare statuto e regolamento. Poi ne fece reintegrare altri tre a Roma, tra cui un suo amico, il professor Antonio Caracciolo, l’uomo dalle dichiarazioni imabarazzanti. Nel 2009, aveva definito l’Olocausto “una leggenda”.
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Lo scontro tra Gianluigi Paragone e il Movimento 5 Stelle prosegue dunque a colpi di carte bollate e giurisprudenza. Il senatore espulso, ha presentato ricorso contro il provvedimento disciplinare che lo ha estromesso dal Movimento fondato da Beppe Grillo. “Ho conferito il mandato al mio avvocato, Eugenio Piccolo – ha detto Paragone – E Lorenzo Borrè ci darà una mano molto volentieri. Ho fatto il ricorso davanti al collegio dei garanti. Poi, se dovesse venire rifiutato, a quel punto impugnerò l’espulsione davanti al giudice ordinario chiedendo una procedura d’urgenza”.
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“Voglio il rispetto delle regole fondamentali dei contenziosi – spiega ancora Paragone – Siccome mi si contesta di avere negato la fiducia al governo, non possono essere membri del governo a giudicarmi. Ho firmato per il rispetto del programma M5S. Il codice etico mette il programma davanti a ogni altra cosa”. Il giornalista snobba poi Di Maio e attacca: “Se l’ho sentito in questi giorni? No, è parte in causa, non è in grado di reggere il confronto con me. Il casino lo ha combinato Di Maio, è lui che ha dato l’ordine di espellermi”. Nessun contatto neppure con Grillo e Davide Casaleggio: “Ma Davide non c’entra nulla in tutta questa storia” – puntualizza – “Perché non chiediamo agli iscritti cosa pensano della mia espulsione?”.
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Paragone si appella al codice etico del Movimento: “Dà ragione a me, è lì che vinco. Il codice obbliga gli eletti a rispettare il programma e ad astenersi da qualsivoglia atto che ne impedisca la realizzazione”. Per quanto riguarda la fiducia – negata da Paragone al governo – in base al codice etico, i parlamentari grillini sono tenuti “a votare la fiducia, ogni qualvolta ciò si renda necessario, ai governi presieduti da un presidente del Consiglio dei ministri espressione del Movimento 5 Stelle”. Peccato però che: “Conte non è espressione del M5S, è stato indicato dal Movimento ma non è espressione del Movimento. Del resto uno che vuole il Tav in Val di Susa non può essere espressione del M5S”. Al collegio dei garanti pentastellati chiedo il reintegro. Se dovessero negarmelo, vedrò cosa fare”.