“La Nato non ha alcun ruolo, visto che Trump ha portato all’uccisione di Soleimani in modo del tuttto unilaterale. L’Italia deve andar via dall’Iraq”. L’analisi di Gianandrea Gaiani.
L’Italia non ha più nessuna ragione di restare in Iraq con i suoi militari, a maggior ragione ora che il clima si è infuocato dopo i raid americani e le risposte di Teheran. Gianandrea Gaiani direttore di ‘Analisi Difesa’ rivista online di politica e analisi militare italiana, intervistato da AdnKronos, fa un’analisi oggettiva sul clima di guerra.
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“L’atto ordinato dalla Casa Bianca – osserva l’analista – non è stato concertato con nessun alleato nonostante le ripercussioni più generali di questa iniziativa americana che, al di là delle giustificazioni addotte, costituisce una grave violazione della sovranità nazionale irachena e dunque del diritto internazionale. A questo punto, l’Italia dovrebbe essere fra i primi Paesi a ritirarsi dall’Iraq per non trovarsi coinvolta in un conflitto che americani e iraniani combatteranno sul territorio iracheno, il che non rientra nel mandato del nostro Parlamento”.
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Gaiani ricorda che “c’è un accordo militare fra Iraq e Usa nonché la coalizione, che prevede di ospitare queste forze militari, anche italiane, per aiutare gli iracheni a combattere l’Isis, non per accoppare chiunque voglia Trump; tra l’altro, Soleimani può piacere o meno, è certamente un nemico dichiarato di Israele, ma è anche colui che ha pianificato con i comandi iracheni e siriani la riconquista dei territori in mano all’Isis: non si può certo definirlo semplicemente come un terrorista”.
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Non a caso -osserva infine Gaiani – “l’intero Parlamento iracheno ha votato, su indicazione del premier Mahdi, la fine dell’accordo militare e il ritiro della coalizione militare, con il sì esplicito degli sciiti e l’assenza, non il voto contrario, di sunniti e curdi. Dunque, a questo punto, non solo qualunque iniziativa Nato è al momento impercorribile ma, se si darà seguito con una legge ad hoc, assisteremo alla richiesta da parte di Baghdad di una ‘cacciata’ della coalizione: e questa sarebbe già una vittoria per Teheran, dimostrando all’intero Medio Oriente che, paradossalmente, i destabilizzatori non sono loro ma gli Usa“.