La notizia era nell’aria ma ora c’è l’ufficialità: Gianluigi Paragone non fa più parte del Movimento 5 Stelle. E’ stato espulso. Tra i motivi principali della decisione, il mancato voto sulla legge di bilancio.
Lui se lo sentiva, eppure ha cercato una timida difesa per evitare l’espulsione. Ma il Movimento non gli ha perdonato il mancato voto sulla legge di bilancio e, come era prevedibile, lo ha espulso. Non ce l’ha fatta l’ex giornalista a mantenere le promesse: “Se passa l’accordo tra M5S e Pd torno a fare il giornalista” – disse qualche mese fa. Invece di andarsene, è stato accomodato fuori dalla porta.
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La decisione di espulsione è stata presa dal Collegio dei Probiviri, composto da Raffaella Andreola, Jacopo Berti e Fabiana Dadone. Hanno disposto l’espulsione dal Movimento 5 Stelle del senatore Gianluigi Paragone, il quale aveva presentato una memoria difensiva ritenuta però insufficiente ad evitare l’extrema ratio.
A Paragone è stato contestato di essersi astenuto anche in occasione del voto sulle dichiarazioni del premier Giuseppe Conte e di aver violato in generale gli accordi presi al momento della sua candidatura al Senato nelle liste M5s.
“Sono stato espulso dal nulla. Quando perdi 2 elettori su 3 ti espelle il nulla. Sono uno dei tanti elettori espulsi dal Movimento di Palazzo” – le sue prime parole. L’espulsione di Paragone suona anche come avvertimento per gli altri dissidenti: i vertici, con Luigi Di Maio in testa, hanno alzato la voce e sono passati al contrattacco dopo le tante critiche e le minacce subite negli ultimi mesi. “Qualcuno va al Misto dicendo che c’è un problema di verticismo, ma sono gli stessi che venivano a chiedermi una carica”, è battuta del capo M5S verso l’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti. E la scure dei vertici potrebbe abbattersi, con sanzioni disciplinari, anche sui ritardatari nei rimborsi. Rimborsi che Di Maio difende: “Non è vero che solo il 12%» dei parlamentari del M5S è in regola”
Chissà se la controffensiva dei vertici, e la contrarietà di Conte stesso, non freni il progetto di nuovo gruppo — il nome che gira nei rumors di palazzo è «Eco» — che Fioramonti ha in mente. Con lui ci sarebbe un drappello di deputati M5S e qualche ex dei Cinque stelle. Ma per avere un gruppo servono almeno 20 deputati. Possibile quindi che si componga, almeno inizialmente, una componente nel Misto. Di Maio, nel frattempo, tira dritto. Annuncia che presto verranno nominati i facilitatori regionali e punta sugli Stati generali di marzo, che nei piani del leader dovrebbe registrare una sorta di nuovo inizio del M5S. «Nel 2020 saremo determinanti e per esserlo dobbiamo essere più strutturati e compatti», afferma ancora Di Maio rivendicando i «40 provvedimenti approvati grazie al M5S».
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