Un ragazzo di origine brasiliana, adottato da una famiglia italiana, non viene fatto entrare in un locale, il Club Ottantaquattro di Torino. Interviene il padre, che denuncia il caso di razzismo. Si difende il club: “Solo una questione di sicurezza”.
Torino, sera del 23 dicembre. Parco del Valentino, di fronte al Club Ottantaquattro, una discoteca. All’interno, il party di Natale organizzato da una scuola, il Curie Vittorini. All’ingresso del locale, la sicurezza controlla chi entra, come spesso capita. T. è un ragazzo originario di Salvadòr de Bahia, in Brasile. E’ stato adottato da una coppia italiana quando aveva otto anni. Come tanti brasiliani, è scuro di carnagione. Quando si avvicina all’ingresso per entrare, insieme ai suoi compagni di scuola, viene respinto. Non sapendo che fare, chiama il papà: “Non mi fanno entrare”.
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Il seguito della vicenda lo racconta Andrea, il padre del ragazzo: “Sono molto dispiaciuto per quello che è capitato” racconta l’uomo. “Lunedì scorso è stata organizzato un party, con prevendita degli ingressi per tutti gli studenti del liceo. Quindi io e mia moglie abbiamo deciso di mandare anche lui con i suoi compagni”. Ma l’adolescente è rimasto fuori: “Mio figlio prima della mezzanotte” prosegue il racconto di Andrea “mi ha mandato un sms con scritto “papà non mi fanno entrare”. Ho deciso di andare a vedere e quando sono arrivato l’ho trovato fuori in un angolo insieme a un gruppetto di ragazzi marocchini, anche loro esclusi, che evidentemente non avevano il padre che avesse voglia di sbattersi per arrivare fin lì”.
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A quel punto il padre del ragazzo parla con il capo della sicurezza, che verifica il documento e l’invito. E’ tutto in regola, e T. viene accompagnato all’interno del locale. Andrea, il papà, torna a casa infuriato: “Non mi venite a dire che in Italia non c’è razzismo. Certo, tutto questo è successo solo per entrare in discoteca, quindi alla fine nulla di così importante. Ma l’amarezza e anche altro mi rimane”. Il gestore del locale, Enzo Catanzaro, si è difeso: per lui non si è trattato di razzismo: “Ricordiamo perfettamente l’accaduto. Il ragazzo non aveva i documenti e siccome abbiamo avuto tanti problemi, la regola è che senza documenti non si entra“. Eppure, secondo il padre, i documenti c’erano. Il forse eccessivo zelo della vigilanza è dovuto, sempre secondo il gestore, dall’emergenza sicurezza nel parco del Valentino: “Dobbiamo fare attenzione” spiega Catanzaro, “organizziamo tante feste in collaborazione con le scuole. Ma proprio perché si tratta di minorenni non possiamo permetterci errori. Qui al Valentino siamo in trincea tutti i weekend”.
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