Bambina coraggiosa denuncia il padre per maltrattamenti. La mamma non aveva mai avuto il coraggio di ribellarsi all’uomo
Il femminicidio rimane uno dei mali di questo secolo. Non un problema italico, quanto una malattia che è ampiamente condivisa in tutto il mondo. In un copione troppe volte simile, si attanagliano dubbi e paura di donne che non hanno la forza di denunciare. Donne che rimangono schiacciate nella morsa di uomini troppo violenti, che ne tengono le vitte sotto riscatto.
Storia simile ma con esito diverso quella narrata dalle cronache siciliane. In un paesino nell’entroterra del palermitano una ragazzina appena quindicenne ha trovato la forza ed il coraggio di combattere un padre, un mostro, un violento che da tempo teneva con la forza madre e figlia chiuse in un incubo. La ragazzina si è presentata nella caserma di Corleone, che comprende anche i territori di Chiusa Sclafani, Campofiorito e Giuliana, per sfogarsi e raccontare la sua storia. La minore si è rivolta all’avvocato Antonio Di Lorenzo, il legale di Claudia Stabile. Per qualcuno non vorrà dire granché, ma la donna divenne protagonista di una sparizione che finì persino a ‘Chi l’ha visto’. All’epoca la giovane mamma era scappata di casa per poi tornare e chiedere la separazione dal marito.
Leggi anche -> Casi di femminicidio: sempre più donne vittime di violenza (soprattutto in casa)
I fatti
La ragazzina ha raccontato in questura una storia terribile, lunga ormai anni. Secondo quanto riportato dalla vittima, il padre che di professione svolge il ruolo di impiegato pubblico ha cominciato a percuoterla da tre anni ormai. I fatti contestati all’uomo dunque cominciano quando la figlia aveva appena 12 anni, a quel momento risalgono le prime percosse. Anni di umiliazioni fisiche e psicologiche che hanno costretto la minore, dopo essere stata malmenata, ad intervenire in prima persona. Per lei e per la mamma, sacrificatasi a suo dire per il bene della famiglia.
La ragazza ha voluto specificare le sue richieste: l’allontanamento del padre dalla casa oppure chiede di potere stare a casa della famiglia del fidanzato.
Ora sarà compito della magistrature intervenire e fare chiarezza su una storia di violenza domestica, che se dovesse essere confermata in queste modalità dovrebbe prevedere una condanna pesante per l’uomo. Solo attraverso gli strumenti della giustizia si potrà seriamente debellare un fenomeno canceroso per la società moderna, che deve farsi trovare pronta. Pene detentive ed ammende pecuniarie dovranno essere intese in maniera tale da rispettare il principio dell’articolo 27 della Costituzione, una pena sufficientemente severa può garantire la rieducazione di questi soggetti
Leggi anche -> Arriva il microcredito di libertà per donne vittime di violenza