Gli agenti della Digos di Trieste hanno scoperti questi cartelli a opera di Casapound.
Gesto a dir poco inopportuno, quelli messo in pratica da alcuni membri di Casapound. L’episodio è avvenuto a Trieste, nella regione del Carso, dove si svolgerà una cerimonia nella giornata di domani. Si tratta della commemorazione di cinque antifascisti che furono fucilati nel 1941 proprio in quei territori. Ma il gruppo di estrema destra ha deciso di rendere il proprio “omaggio” nel peggiore dei modi, nei confronti delle vittime di quella strage. E questo intervento ha portato alla creazione e diffusione di alcuni manifesti contro le suddette vittime.
Il manifesto recita “Terroristi, nè vittime, nè martiri”. Un gesto a dir poco macabro per manifestare il proprio dissenso nei confronti di questa cerimonia di ricordo della morte di queste persone. I manifesti sono apparsi nel paese di Opicina, nel Carso triestino, dove domani si svolgerà questa cerimonia. Gli agenti della Digos del capoluogo giuliano hanno fatto la scoperta, dopo aver effettuato un controllo proprio alla vigilia dell’evento. Ovviamente, tutti i manifesti sono stati rimossi.
Francesco Clun, responsabile provinciale di Casapound Italia a Trieste, ha dato la sua chiave di lettura della vicenda. “Abbiamo da sempre espresso la nostra perplessità – ha scritto in una nota – . Per noi chi ogni anno viene commemorato a Opicina non è né una vittima né un martire ma solo un terrorista. Per questo abbiamo deciso di ricordare a tutti a chi è dedicato quel monumento e chi, ogni anno, l’Anpi, assieme ad esponenti politici locali, commemora. L’unica cosa di cui non aveva bisogno questa città è un’altra meta di pellegrinaggio per i nostalgici titini“.
Non si è fatta mancare la replica da parte di Anpi, che ha deciso di farsi sentire. La sezione di Trieste dell’associazione ha chiesto ancora una volta lo scioglimento di Casapound. “I manifesti affissi illegittimamente questa notte sul carso triestino ad Opicina da parte di CasaPound Italia Trieste rappresentano un atto gravissimo. Riteniamo possa configurarsi come apologia del fascismo“, si legge nella nota di risposta da parte di Anpi.