La situazione era diventata insostenibile per i 600 migranti accolti nel centro profughi di Vucjak, al confine con la Croazia: la rotta, ora, è verso destinazioni più sicure e dignitose, sicuramente più idonee in vista del freddo in arrivo.
Siamo a Bihac, nel nordovest della Bosnia-Erzegovina al confine con la Croazia. Nel campo profughi di Vucjak erano 600 i migranti che vivevano in condizioni igienico-sanitarie precarie e inaccettabili, migranti che a partire da questo pomeriggio hanno lasciato la struttura per raggiungere destinazioni più idonee in grado di ospitarli.
Del resto, la struttura era già finita sotto accusa da parte del Consiglio d’Europa per via delle condizioni assolutamente insufficienti nelle quali le persone ospitate erano costrette a vivere. Sotto le pressioni della comunità internazionale, oltre che sotto il peso delle denunce delle ong, ne era stato annunciato tempo fa lo smantellamento, rinviato continuamente fino a questo momento. Il campo, infatti, come annunciato ufficialmente dalle autorità bosniache, verrà finalmente chiuso in via definitiva.
I primi gruppi di migranti ospitati dal campo di Vucjak hanno lasciato nel pomeriggio la struttura, finita già da tempo nel mirino dei controlli internazionali per via della sua gravosa fatiscenza. I profughi sono ora diretti verso altre sistemazioni non troppo lontane dal campo, dei centri d’accoglienza più sicuri e dignitosi localizzati intorno alla zona di Sarajevo e a Mostar.
Il campo di Vucjak non era infatti in grado di accogliere tutte quelle persone, soprattutto con l’arrivo del freddo e del maltempo. Spesso privo di acqua, senza elettricità e mancante delle più elementari condizioni igienico-sanitarie, il centro non offriva delle condizioni di vita dignitose per gli ospiti, ed era anzi diventato un vero e proprio inferno.
Con l’arrivo del freddo e della neve, la situazione si era fatta ancora più insostenibile e le autorità bosniache, sotto anche la pressione della comunità internazionale, hanno annunciato ufficialmente la chiusura del campo. Secondo quanto riportato dai media locali, le operazioni di trasferimento dei profughi si protrarranno per almeno altri tre giorni.
Il campo, aperto lo scorso giugno nei pressi di Bihac, sorge in realtà su di una ex discarica, un’ampia area circondata per giunta da terreni minati durante la guerra avvenuta negli anni novanta. Oltre a una simile preoccupante premessa, il centro non dispone nemmeno delle infrastrutture più elementari, di acqua corrente o di elettricità.
I profughi, un nutrito gruppo di persone in difficoltà e per la maggior parte composto da giovani uomini, sono quindi costretti a vivere all’interno di tende non riscaldate: situazione pericolosissima data la neve e dato anche che le temperature, in vista di questa stagione, hanno già raggiunto lo zero.
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