Joseph Mifsud, elemento chiave della controinchiesta voluta da Donald Trump sul Russiagate, è indagato dalla Procura di Agrigento anche per peculato. L’inchiesta è portata avanti per presunte ‘spese pazze’
La posizione di Joseph Mifsud, l’elemento chiave della controinchiesta voluta da Donald Trump sul Russiagate, si aggrava ulteriormente. Sull’uomo, di cui si sono perse le tracce dalla fine di ottobre del 2017, c’è un nuovo capo di accusa: è infatti finito tra gli indagati anche per peculato. In precedenza, a finire sotto la lente di ingrandimento, erano state le ‘spese pazze’ di Mifsud, che ammonterebbero a oltre 100 mila euro, così come recita l’esposto in Procura.
Il caso Russiagate, dunque, giunge fino all’Università di Agrigento, che lo stesso Mifsud ha presieduto per tre anni, dal 2009 al 2012. La denuncia fu presentata nei giorni scorsi dal Presidente facente funzione del Consorzio, Giovanni Di Maida, che dopo aver scoperto il buco ha lanciato l’allarme.
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Misfud ha fatto perdere le sue tracce dall’ottobre del 2017. Si continua ad indagare sui contatti con l’avvocato
Mifsud era stato nominato Presidente del Consorzio Universitario di Agrigento nel 2009 su indicazione dell’allora Presidente della Provincia Eugenzio D’Orsi. L’accademico, di recente, è stato anche condannato dalla Corte dei Conti di Palermo a risarcire un danno erariale alla provincia di Agrigento. L’uomo è sparito dopo che, nell’ottobre del 2017, gli investigatori Usa dell’epoca resero noto il suo coinvolgimento nel Russiagate. Non si trova né nel suo appartamento a Roma, né presso il suo ex campus alla Link University, né a Londra.
Dalle ricostruzioni, nel maggio del 2018 Mifsud avrebbe trascorso tre giorni nello studio di Zurigo del suo avvocato, Stephan Roh, durante i quali ha rilasciato una lunga deposizione. L’audio è stato consegnato da Roh al procuratore Usa John Durham. Partendo da questo elemento, si cerca di rimettere insieme i tasselli di un mistero che si infittisce con il passare delle settimane.
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