Incidente mortale a Milano: “Dalla ricostruzione della dinamica emerge che il filobus non abbia rispettato la precedenza semaforica”.
Il filobus che attraversa l’incrocio con il semaforo rosso, poi lo schianto con il mezzo Amsa. Tutto in pochi secondi. E tutto ripreso dalle telecamere a circuito chiuso di un negozio. È l’incidente di viale Bezzi a Milano avvenuto nella mattinata di sabato 7 dicembre in cui sono rimaste ferite 18 persone, una delle quali (Shirley Calangi) è morta nel pomeriggio di domenica al Policlinico dove era ricoverata in gravissime condizioni.
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“Dalla ricostruzione della dinamica emerge che il filobus non abbia rispettato la precedenza semaforica — si legge in una nota diramata dall’azienda di trasporti —. Atm pertanto ha già aperto un’indagine interna ed è pronta a prendere tutti gli opportuni provvedimenti”. Nella stessa nota l’azienda milanese ha espresso vicinanza alla famiglia della donna deceduta.
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Sulla vicenda è intervenuto anche il primo cittadino di Milano, Beppe Sala, che nella serata di domenica ha pubblicato un lungo post su Facebook: “È accertato che il filobus non ha rispettato la precedenza — ha dichiarto Sala —. Ho chiesto di avviare una verifica interna ad ATM e penso che ci saranno indagini giudiziarie per definire le responsabilità”.
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“Sono profondamente addolorato e conscio di dover fare sempre tutto il possibile per garantire ai miei concittadini quelle condizioni di vita dignitosa e sicura che meritano — ha proseguito Sala —. E di sentirmi pienamente responsabile quando ciò non avviene. A nome di Milano esprimo le più sentite condoglianze ai familiari e a tutta la comunità filippina”.
Nella mattinata di domenica Sala si era recato al Policlinico per verificare le condizioni di Shirley Calangi, la 49enne che era rimasta gravemente ferita e che stava combattendo la sua battaglia più difficile: “Shirley mi è stata dipinta da quanti a lei vicini come una donna straordinaria, grande lavoratrice e estremamente affidabile — ha detto il Sindaco —. Mi ha colpito in particolare il racconto della famiglia italiana presso la quale lavorava e dell’affetto che tale racconto esprimeva. Una storia come tante, una donna immigrata che svolgeva con dedizione uno di quei lavori che sembrano ormai destinati solo a queste persone che vengono da lontano”.